I due volumi collettanei, Transnational Italian Studies (a cura di Charles Burdett e Loredana Polezzi, 2020) e Transcultural Italies (a cura di Charles Burdett, Loredana Polezzi e Barbara Spadaro, 2020), raccolgono alcune delle riflessioni scaturite dalla ricerca intitolata «Transnationalizing Modern Languages: Mobility, Identity and Translation in Modern Italian Cultures» (tml), finanziata dalla Art and Humanities Research Council (ahrc) nel Regno Unito e sviluppata tra il 2014 e il 20171. Questo progetto ha messo insieme un folto gruppo di ricercatori e ricercatrici con competenze in diverse aree umanistiche, a cui si sono uniti collaboratori e collaboratrici esterne, per ripensare in modo radicale la nozione stessa di cultura italiana e per interrogarsi sul significato (e sul destino) della disciplina dell’italianistica tradizionalmente intesa in un mondo sempre più globalizzato, caratterizzato da mobilità transnazionali, da un’estesa digitalizzazione che travalica i confini di nazioni e continenti2, da una crisi climatica che coinvolge/sconvolge l’intero pianeta e, aggiungo, da una pandemia che, negli ultimi due anni, ha profondamente cambiato il modo di pensare, di vivere, di respirare, di essere (o non essere) con gli altri e per gli altri, di pensarsi comunità e di concepire i confini dei singoli stati nazionali. In che modo allora, si chiedono le curatrici e il curatore dei due volumi, si possono ripensare le nozioni stesse di cultura e identità nazionale italiana attraverso un approccio transnazionale, transdisciplinare e transculturale, e in che modo tale ripensamento può innescare un processo di ristrutturazione dell’italianistica fondata su una visione delle lingue e culture moderne che vada ben oltre gli angusti confini nazionali? L’intento di questi due volumi, dunque, è quello di ridefinire l’italianità e ripensare gli Italian Studies nel mondo anglofono (e oltre) in un momento in cui i dipartimenti di Modern Languages – e di Italian Studies in particolare – hanno visto decrescere vistosamente l’interesse e le iscrizioni degli studenti3. Tale ripensamento viene messo in atto contrastando l’idea di una cultura nazionale italiana (singolare) fondata su una mappatura e una prospettiva eurocentriche e tradizionalmente pensata come espressa in una lingua (e una soltanto) all’interno (e solo all’interno) di confini nazionali. Per fare ciò, affermava Emma Bond qualche anno addietro, è necessario effettuare un «transnational turn in Italian Studies» (Bond, 2014).
È interessante osservare che le introduzioni alle due curatele si aprono con un’analoga riflessione sul fatto che immaginarsi comunità nazionali (Anderson, 1991) non sia un fatto naturale, ma che ciò in generale avvenga, e nello specifico sia avvenuto per l’Italia, attraverso la produzione e diffusione di molteplici narrazioni (canoni disciplinari, rappresentazioni, documenti, monumenti, dati statistici, processi di memorializzazione) che contribuiscono «to stabilize and fix the inherently dynamic and plural nature of Italian identities and cultures» (Burdett, Polezzi e Spadaro, 2020, 1) e che costruiscono e consolidano l’idea di omogeneità nazionale. Entrambi i volumi, dunque, si muovono nella doppia direzione di includere nell’analisi presentata nuove tipologie di «testi» (termine che in questo contesto include, ad esempio, anche i giardini). A tale scopo, affermano le curatrici e il curatore dei volumi, è necessario dilatare le categorie spazio-temporali e linguistiche, e allo stesso tempo mostrare la natura transnazionale (e proporre una lettura transnazionale) di testi nazionali canonici. Tale operazione suggerisce la necessità non già di soppiantare la prospettiva nazionale con quella transnazionale, ma piuttosto di affiancare le due prospettive e di sfumare i confini che le separano. Nelle due raccolte, gli autori e le autrici mostrano come le narrazioni nazionali che si sono sedimentate nei secoli possono essere riscritte (o rilette) da prospettive che vanno al di là della nazione e come il prefisso trans- possa significare un’apertura radicale dei confini geopolitici, culturali e linguistici (Bond, 2014).
Transnational Italian Studies è un testo concepito principalmente, ma non unicamente, per l’attività didattica e propone di ripensare l’insegnamento della lingua e della cultura italiana nei dipartimenti di Italian Studies nel Regno Unito e in giro per il mondo. L’italianistica, affermano Burdett e Polezzi nell’introduzione, è stata incentrata su una forte impronta nazionalistica secondo la quale la narrazione della nazione veniva affidata principalmente alla letteratura italiana canonica. L’applicazione dei Cultural Studies agli studi di italianistica soprattutto nel mondo anglofono (Forgacs e Lumley, 1996)4 ha tracciato nuove traiettorie di ricerca che hanno consentito di rivolgere l’attenzione a una produzione culturale che, oltre alla letteratura canonica, includeva anche una serie di pratiche quotidiane e culturali in senso ampio (il cibo, lo sport, la moda, i media, solo per citarne alcune). Anche se tale approccio ha promosso una rivoluzione nel campo dell’italianistica, ampliando molto la concezione di ciò che può essere considerato un prodotto culturale, Burdett e Polezzi affermano tuttavia che esso è rimasto legato a una prospettiva nazionale in termini territoriali e linguistici. La messa in discussione di tale approccio e l’utilizzo di una prospettiva transnazionale sono avvenuti negli ultimi anni attraverso un ripensamento delle categorie di spazio, tempo e linguaggio soprattutto nell’ambito degli studi coloniali e postcoloniali e degli studi sulle migrazioni. Tale prospettiva, infatti, è necessaria per esaminare il caso dell’Italia, che ha costruito la propria identità nazionale anche a livello transnazionale: «Il fatto che subito dopo l’unificazione (1861-1870) l’emigrazione divenne un fenomeno di massa e che pochi anni più tardi l’Italia iniziò ad acquisire territori sul Mar Rosso (1882) che presto vennero a costituire la prima colonia italiana, l’Eritrea (1890), sottolinea la natura transnazionale del nuovo Stato-nazione appena unificato, che costruì il proprio senso di identità culturale proiettandosi ben al di là dei propri confini» (Lombardi-Diop e Romeo, 2014, p. 3). La storia di mobilità e migrazioni che ha caratterizzato l’Italia – che include colonialismo, emigrazione di massa, migrazioni intranazionali, immigrazione contemporanea, nuove mobilità – ha prodotto «a circulation of individuals and families, but also of capital, traditions, and ideas» (Choate, 2008, 1) che rendono obsoleta l’idea di una cultura italiana unica e omogenea prodotta all’interno dei confini nazionali ed espressa unicamente attraverso l’italiano standard. In un siffatto contesto transnazionale, in cui lo spazio si dilata per includere altri luoghi e il tempo è inteso come un continuum che unisce passato e presente, il ruolo delle traduzioni assume nuova rilevanza. Nella cultura italiana tradizionale, le traduzioni storicamente hanno avuto un ruolo del tutto secondario e periferico rispetto ai testi originali, in cui la lingua di scrittura era associata a concetti quali origine e autenticità. Gli studi sulle traduzioni e sull’adattamento di questi ultimi decenni hanno invece collegato il processo traduttivo al movimento – si può pensare, osserva Loredana Polezzi nel suo saggio incluso nel volume, alla traduzione come al portare una cultura a fare una passeggiata, o a passeggiare attraverso una cultura, già dall’etimologia latina tanto del termine inglese «translation» (translatio) quanto di quello italiano «traduzione» (traductio). Ripensare l’italianistica e gli studi sulla cultura italiana, allora, significa «rethinking the subject [n.d.a. Italian Studies]’s association with the space, time and language of the nation, and repositioning it in relation to both national and transnational processes of cultural production, circulation and consumption» (Burdett e Spadaro, 2020, p. 10). Ripensare gli Italian Studies in prospettiva transnazionale vuol dire dunque estendere le categorie di tempo e spazio, incorporando nella cultura italiana produzioni culturali provenienti anche da luoghi molto lontani dall’Italia ed espresse in lingue diverse dall’italiano standard – siano esse originali o traduzioni – che sono il risultato di migrazioni e interazioni.
I saggi raccolti nel volume sono organizzati secondo quattro aree tematiche: lingua, spazialità, temporalità e soggettività. Nella prima sezione («Language»), viene proposta una riflessione sul ruolo della traduzione nella diffusione della cultura italiana, tanto nel presente quanto in epoca rinascimentale, e sui paesaggi linguistici in alcuni contesti urbani italiani contemporanei. Nella seconda sezione («Spatiality»), la dimensione spaziale transnazionale viene indagata attraverso l’analisi di testi della letteratura di viaggio del diciassettesimo secolo, della posizione centrale che la cultura italiana aveva nel diciottesimo secolo, della presenza di artisti di origine italiana nell’industria del cinema muto di Hollywood, del modo in cui diversi testi culturali tenevano insieme storie di diverse mobilità italiane in entrata e in uscita, e della costruzione di concetti di casa e di comunità nelle culture transnazionali. La terza sezione («Temporality») si apre con una disamina della rappresentazione non lineare del tempo in testi letterari medievali e della prima modernità, per poi esaminare il linguaggio della moda che prende forma nel Rinascimento, la traduzione del linguaggio burocratico in specifici contesti migratori in uscita, l’eredità del colonialismo e la memoria nazionale nei graphic novel di Zerocalcare e Takoua Ben Mohamed. La quarta e ultima sezione infine («Subjectivity») si apre con una lettura della Comedia di Dante in chiave prenazionale e al contempo transnazionale, per poi focalizzarsi nei saggi seguenti sull’avvento della psicoanalisi in Italia e sul modo in cui essa ha influenzato la strutturazione di una soggettività nazionale italiana storicamente consolidata, sul concetto di identità e cittadinanza italiana attraverso l’analisi del film La mia classe di Daniele Guaglianone, su alcune rappresentazioni degli eventi intorno al G8 di Genova del 2001 e sul modo in cui tali eventi si sono impressi nella memoria collettiva, e infine su una prospettiva transnazionale applicata agli studi queer in Italia.
Il volume Transcultural Italies pone al centro la necessità di riarticolare il concetto stesso di identità e cultura italiana in una prospettiva transnazionale, esaminando «how the notion of “Italianness” has been dynamically reformulated and performed by individual and collective subjects in relation both to models associated with the nation state at its geographical core and to those emerging from other localities» (Burdett, Polezzi, Spadaro, 2020, p. 7). Tale approccio mette radicalmente in discussione la presunta omogeneità della cultura italiana alla luce dei fenomeni di migrazioni e mobilità che hanno caratterizzato e che tutt’oggi caratterizzano la storia e la società italiane. Come specificato dalle curatrici e dal curatore del volume, i concetti di migrazione e di mobilità sono strettamente collegati, ma non necessariamente coincidenti, in quanto la mobilità coinvolge non soltanto esseri umani, ma anche immaginari, memorie, cultura materiale e artefatti che, a loro volta, svolgono un ruolo centrale nei processi di (dis)identificazione. Il concetto di mobilità qui è dunque strettamente connesso a quello di memoria, un elemento di solito pensato in una prospettiva temporale – il ricordo del passato e la sua elaborazione – ma che invece in questo testo acquisisce una dimensione anche fortemente spaziale e transnazionale, una «travelling memory» (Erll, 2011) che viaggia e si muove con e attraverso le persone ma anche con e attraverso i prodotti culturali5. Oltre alla mobilità e alla memoria, il terzo elemento che consente la trasformazione della cultura italiana in chiave transnazionale è allora la traduzione, non intesa semplicemente come il passaggio da una lingua a un’altra, quanto piuttosto nel senso più ampio di veicolo di trasmissione culturale che favorisce la formazione di nuove soggettività e narrazioni. I saggi raccolti nel volume (che includono le aree coinvolte nella ricerca, e cioè il Regno Unito, gli Stati Uniti, l’Australia, il Sudamerica, l’Africa, e l’Italia) non sono divisi per aree geografiche bensì in base agli elementi da cui scaturiscono le diverse narrazioni. La prima sezione si intitola «Traces» e si concentra sulle tracce che la cultura italiana (intesa in senso transnazionale) ha disseminato per il mondo, ivi incluse la comunità italiana della Little Italy londinese, la città di Valparaiso in Cile, la colonia italiana di Rodi e quelle in Africa Orientale. La seconda sezione, «Art, Objects, Artefacts», rivolge la propria attenzione agli oggetti d’arte e a quelli legati alla cultura materiale che animano progetti in Scozia, divengono veicoli di un’identità italiana costruita a livello transgenerazionale in Argentina, vengono prodotti in Australia, e collegano memorie private a narrazioni ufficiali nella mostra itinerante Beyond Borders6. La terza e ultima sezione, dal titolo «Mobilities and Memory», esplora l’intersezione tra mobilità e memoria nella «piccola Gerusalemme» in Toscana, nei giardini in Australia, nelle comunità cinesi in Italia e in quelle italiane in Cina, nei contesti urbani multietnici dell’Italia contemporanea, e nella produzione di artiste visuali nelle comunità italiane americane e australiane americane.
I due volumi qui presi in esame offrono un contributo molto importante a una visione transnazionale e transculturale dell’identità e della cultura italiana che va ben oltre gli angusti confini della nazione—dal punto di vista linguistico, culturale, territoriale—e, di conseguenza, suggeriscono modi nuovi di guardare all’italianistica in modo transdisciplinare. Porre l’enfasi su fluidi processi di identificazione piuttosto che statici concetti di identità nazionale (Burdett, Polezzi e Spadaro, 2020, p. 4) e sulla «transnational dimension of cultural life [that focuses] on what people do, not on normative or idealized notions of identity and belonging» (Burdett e Polezzi, 2020, p. 14) può essere fuorviante se si considera l’importanza di acquisire tale identità nazionale per i soggetti (nati e) cresciuti in Italia ai quali viene tuttora negato il diritto alla cittadinanza e alle italiane/gli italiani neri tuttora spesso escluse/i dal – o differenzialmente incluse/i nel – corpo della nazione a causa della loro deviazione dalla presunta norma cromatica italiana. Un’interazione tra la prospettiva transnazionale e quella postcoloniale e decoloniale, maggiormente attente ai rapporti di potere insiti in una data società e alla storia che ha prodotto tali rapporti di potere, può condurre a prospettive di analisi e di ricerca che ripensino l’italianistica in modi nuovi, processo del tutto necessario anche nella cultura del Bel Paese.
Note
1 Transnational Italian Studies è stato pubblicato nell’ambito della collana Transnational Modern Languages che include, oltre a quello sull’Italia, altri volumi che propongono un approccio transnazionale ad altre lingue e culture moderne: Transnational French Studies, German Studies, Spanish Studies, Portuguese Studies, e Russian Studies, e un volume che costituisce in certo modo una guida agli altri volumi, Transnational Modern Languages: A Handbook.
2 A tal proposito, tuttavia, è bene ricordare che ampie zone del pianeta rimangono escluse dalla rete globale.
3 La profonda crisi che ha portato alla chiusura di numerosi dipartimenti di Modern Languages e in particolare di Italian Studies in diversi paesi dell’area anglofona ha dato vita a un vivace dibattito sulla necessità di decolonizzare la nozione stessa di identità italiana e il curriculum di Italian Studies anche in paesi come gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia. Negli Stati Uniti il dibattito si è concentrato sulla necessità di una maggiore diversità e di un atteggiamento meno elitario nel campo dell’italianistica (Parker, 2018; Gibby e Tamburri, 2021). Secondo tale approccio, l’inclusione di un corpo docente caratterizzato da maggiore diversità non soltanto promuove un’idea più inclusiva della disciplina, ma può creare le condizioni per attirare studenti provenienti da contesti culturali ed etnici diversi. Si veda, a tal proposito, anche la riflessione di Rosetta Giuliani Caponetto sulla necessità che tale decolonizzazione avvenga contemporaneamente in Italia e fuori dai suoi confini (Caponetto 2021).
4 Nell’analizzare l’impatto dei Cultural Studies sugli Italian Studies in area anglofona, Burdett e Polezzi affermano che «it is now common for specialists in Italian studies to be experts not just in literature but also in film studies, history, area studies – as well as linguistics, which has always occupied a firmly established position» (Transnational, 8). È importante osservare che tale cambiamento non ha riguardato l’italianistica in Italia, che mantiene, in generale, un approccio molto tradizionale tuttora saldamente ancorato a una narrazione della nazione che si identifica con il canone letterario consolidato.
5 Associo qui il concetto di «travelling memory» di Erll, a cui fa riferimento l’introduzione di Transcultural Italies a quella di «traveling theory» di Edward Said, che afferma che quando una teoria viaggia dal contesto in cui è nata a un altro contesto storico e geopolitico essa muta per adattarsi alla specificità del nuovo contesto. Allo stesso tempo, questo processo produce un cambiamento anche nel paradigma originario da cui la teoria in movimento si è distaccata e a cui, in certo modo, torna trasformata. Mi sembra che questo duplice movimento si possa riscontrare anche in questo contesto.
6 La mostra BEYOND BORDERS: Transnational Italy/OLTRE I CONFINI: Italia Transnazionale è stata sviluppata nel contesto del progetto tml e dal 2016 al 2018 ha viaggiato ed è stata allestita, in diverse forme, a Roma (British School, 2016), Londra (Italian Cultural Institute, 2016), New York (Calandra Institute, 2017), Melbourne (Italian Museum, 2017), Addis Abeba (Italian Cultural Institute, 2017) e Tunisi (Italian Cultural Institute, 2018).
Bibliografia
Anderson, B., Imagined Communities: Reflections on the Origin and Spread of Nationalism, London and New York, Verso, 1991.
Bond, E., «Towards a Trans-national Turn in Italian Studies? », Italian Studies, 69, 3, 2014, pp. 415-24, doi: 10.1179/0075163414Z.00000000080.
Burdett, C. e Polezzi, L. (a cura di), Transnational Italian Studies, Liverpool, Liverpool University Press, 2020.
Burdett, C., Polezzi, L. e Spadaro, B. (a cura di), Transcultural Italies: Mobility, Memory and Translation, Liverpool, Liverpool University Press, 2020.
Caponetto, R. G., «Fear and Nostalgia in Italian Studies», in Siân Gibby ed Anthony Julian Tamburri (a cura di), Diversity in Italian Studies, New York, John D. Calandra Italian-American Institute, 2021, pp. 45-55.
Lombardi-Diop, C. e Romeo, C. (a cura di), L’Italia postcoloniale, Firenze, Le Monnier-Mondadori, 2014, pp. 1-38.
Choate, M.I., Emigrant Nation: The Making of Italy Abroad, Cambridge, Harvard University Press, 2008.
Erll, A., «Travelling Memory», Parallax, 17, 2011, pp. 4-18.
Forgacs, D. e Lumley, R. (a cura di), Italian Cultural Studies, Oxford, Oxford University Press, 1996.
Gibby, S. e Tamburri, A.J. (a cura di), Diversity in Italian Studies, New York, John D. Calandra Italian-American Institute, 2021.
Lombardi-Diop, C., e Romeo, C., «Il postcoloniale italiano. Costruzione di un paradigma», in C. Lombardi-Diop e C. Romeo (a cura di), L’Italia postcoloniale, Firenze, Le Monnier-Mondadori, 2014, pp. 1-38.
Parker, Deborah, «Race and Foreign Languages», Inside Higher Education, June 21, 2018, https://www.insidehighered.com/views/2018/06/21/paucity-asians-and-other-minorities-teaching-and-studying-italian-and-other-foreign.
Said, Edward W., «Traveling Theory», in The World, the Text, and the Critic, Cambridge (ma), Harvard University Press, 1983, pp. 226-47.