La ripresa delle migrazioni italiane a grandi cifre degli ultimi decenni ha dato luogo a una nuova generazione di italiani nati fuori dall'Italia, figli dei rappresentanti di quella «nuova mobilità» del terzo millennio che ormai tanto «nuova» non è più avendo spesso una storia ventennale alle spalle. Come vedremo, è difficile quantificarli; possiamo però rilevare che vi è stato un aumento importante dal 2006 a oggi di questa componente a fronte dei lustri precedenti che vedevano una comunità italiana che stava progressivamente invecchiando. Ma non si tratta solo di numeri, parlare delle seconde generazioni oggi, come nel passato, vuol dire affrontare la complessità delle identità plurime e dell’ibridazione culturale attraverso analisi che vedono coinvolte varie discipline, dalla linguistica alla sociologia, dalla storia alla statistica, per citarne alcune.
La comparsa di questa «seconda generazione delle nuove mobilità», ci pone infatti di fronte a nuove sfide e stimola nuove considerazioni e domande: che caratteristiche hanno le nuove famiglie transnazionali? Quali sono i riferimenti linguistici e culturali dei figli delle nuove mobilità? Come riescono queste famiglie a mantenere i legami culturali e linguistici con l’Italia? Qual è il ruolo delle istituzioni italiane, scuole, associazioni, Istituti di cultura e così via, nell’aiutare le famiglie nell’istruzione dei loro figli? Qual è il contributo delle famiglie allargate – pensiamo ai nonni – nel mantenere a distanza questi rapporti.
In questo numero monografico della Rivista, il Centro Altreitalie presenta i risultati di una ricerca dedicata alla formazione della nuova identità «etnica» e, in particolare, di come la cultura italiana della prima generazione di migranti del terzo millennio viene trasmessa alle seconde generazioni. Si tratta di una ricerca a più voci nel senso che gli attori coinvolti in qualità di testimoni del processo di trasmissione identitaria apportano esperienze collocabili sia all’interno della propria famiglia transnazionale estesa (genitori e nonni) sia, per alcuni, anche all’interno della cerchia di studiosi dei processi migratori italiani.
L’idea della ricerca è partita da Brunella Rallo che, da coordinatrice del sito Mamme di cervelli in fuga, ha proposto un’indagine sul ruolo esercitato dai nonni nelle famiglie transnazionali. Nell’accogliere l’idea abbiamo pensato di allargare il tema a un’analisi delle seconde generazioni all’interno delle famiglie delle migrazioni contemporanee andando così a esaminare un campo ancora poco battuto negli studi sulle nuove mobilità. Per farlo abbiamo anche coinvolto un pool di studiosi che collabora da anni col Centro Altreitalie e che qui cogliamo l’occasione di ringraziare: Paolo Baracchi, Teresa Fiore, Sandro Rinauro, Simone Battiston, Gianfranco Cresciani. Senza il loro contributo non saremmo stati in grado di analizzare le complesse dinamiche che regolano la vita delle famiglie transnazionali. Sul titolo dell’inchiesta c’è poco da aggiungere, il riferimento alla nuova generazione di italici che sta crescendo nelle altre Italie è a Piero Bassetti che continua a spingerci a guardare oltre.
Nel saggio di Maddalena Tirabassi «Le seconde generazioni nella storia delle migrazioni italiane del passato e nelle nuove mobilità» attraverso sei interviste in profondità rivolte a persone che lavorano all’interno di università o di enti che si occupano di migrazioni o di lingua italiana nel mondo, e che stanno vivendo l’esperienza dell’educazione dei figli all’estero, viene analizzato il tipo di trasmissione culturale italiana che si ha all’interno dei nuclei familiari del nuovo millennio per individuare quali tratti identitari italiani vengono tramandati alle seconde generazioni da parte di una popolazione migrante rispetto al passato più colta e consapevole delle dinamiche culturali in gioco.
Gli intervistati, essi stessi protagonisti di una migrazione più o meno recente, attraverso le loro esperienze familiari ci hanno aiutato così a comprendere meglio i meccnismi della trasmissione culturale nella sfera privata e ad approfondire se, e quanto, sono mutati i rapporti familiari dal secondo dopoguerra a oggi. In particolare, è stato esaminato l’aspetto culturale, prestando attenzione all’ambito linguistico in cui si trovano oggi i figli dei «nuovi mobili» in alcune aree di insediamento.
Uno sguardo che coniuga esperienze professionali e personali per restituire la complessa articolazione e le infinite sfumature prodotte dalle numerose variabili legate ai territori e regioni d’origine, ai paesi d’insediamento, alle attività svolte, ai livelli di istruzione, alla classe di appartenenza.
Del Pra’ analizza la nuova generazione italiana che sta crescendo in questi anni fuori dall’Italia, tramite i risultati di un'indagine quantitativa attraverso un questionario semistrutturato, composto da una trentina di domande, rivolto a genitori che vivono all’estero con almeno un minore. Accanto a una breve raccolta di dati anagrafici dei genitori, tesa a inquadrare il contesto lavorativo, sociale e familiare, il formulario si è concentrato sulle capacità linguistiche dei figli, la frequentazione scolastica e, in generale, sul loro rapporto con le famiglie in Italia nonché sulla frequentazione di associazioni italiane all’estero.
Il questionario è stato disponibile online su www.altreitalie.it da inizio marzo a inizio giugno 2021 ed è riuscito a intercettare un campione di circa 300 soggetti. I risultati sono poi stati integrati con interviste in profondità e testimonianze dirette.
L’analisi delle risposte al questionario – pur trattandosi di un campione probabilistico non rappresentativo – indica una serie di tendenze e attitudini comuni a gran parte della componente «qualificata» dei rappresentanti delle nuove mobilità1. In particolare, si rileva come l’educazione alla lingua e alla cultura italiana sia un elemento imprescindibile in tutte le famiglie interpellate, sia in quelle con entrambi i genitori italiani, sia in quelle cosiddette «miste». Vi sono genitori che sottolineano maggiormente l’aspetto «utilitaristico» dell’educazione a più lingue e culture, altri che invece sentono maggiormente il legame identitario con l’Italia e la famiglia di origine. Pochi sono però coloro che fanno frequentare ai figli scuole e corsi di italiano, così come pare esservi poca interazione con associazioni italiane e scarseggino momenti di socializzazione tra concittadini. In sostanza, la lingua e la cultura dell’Italia vengono veicolati principalmente dalla famiglia: il padre, la madre, i fratelli, ma anche i nonni in Italia come vedremo più avanti. A giudicare dalle risposte al questionario ciò pare funzionare: la maggioranza dei genitori dà una buona valutazione della conoscenza della lingua e della cultura italiana dei propri figli.
Infine, nella terza parte della ricerca, il «testimone» passa all’analisi dei comportamenti delle famiglie transnazionali attraverso il contributo di Brunella Rallo che esplora il ruolo dei nonni quali «agenti» della trasmissione culturale e identitaria nelle seconde generazioni degli italiani all’estero.
È noto infatti che, tra i familiari rimasti in Italia, i nonni esercitano un ruolo sempre più determinante nella vita degli emigrati di seconda generazione e nella loro percezione di appartenenza al paese di origine. Ciò è tanto più vero al giorno d’oggi in cui una buona parte dei nonni non solo ha maggiori occasioni di contatto stretto con i nipoti all’estero, ad esempio attraverso videotelefonia, ma ha anche sviluppato comportamenti partecipativi della vita di figli e nipoti all’estero attraverso l’apprendimento di lingue straniere, viaggi e soggiorni più o meno lunghi all’estero, dimestichezza con usi e costumi dei paesi di emigrazione.
Attraverso un’analisi qualitativa – realizzata intervistando 20 nonne che partecipano alla community mammedicervellinfuga.com – il saggio si concentra in particolare, sulle modalità attraverso cui l’interazione nonni-nipoti, prescindendo dagli aspetti più intimistici della relazione e seppure fortemente condizionata dalla distanza, può facilitare, nei nipoti, la conservazione e lo sviluppo di legami affettivi, culturali ed economici con il mondo di origine della famiglia. Nel suo contributo, Rallo presenta, preliminarmente, alcune osservazioni sul ruolo dei nonni nella società italiana contemporanea per poi affrontare la tematica dei rapporti intergenerazionali e delle relazioni all’interno delle famiglie italiane e transnazionali.
L’analisi delle testimonianze raccolte evidenzia in primo luogo che il «sentimento» delle nonne nei confronti della trasmissione culturale si identifica principalmente con il desiderio che i nipoti sviluppino e conservino un legame forte con l’Italia: un legame fatto sì di lingua, ma anche di cultura storica e letteraria, di gusti, di conservazione di ricordi familiari e di usi locali.
In secondo luogo, la ricerca ha consentito di registrare ed estrapolare anche le diverse «strategie» che le nonne mettono in atto ai fini della trasmissione e conservazione dell’italianità nelle seconde generazioni. Tali «strategie», analizzate in funzione di canali, modalità, tempi e luoghi in cui avviene l’interazione con i nipoti, suggeriscono che il ruolo dei nonni nella trasmissione dell’italianità può assumere almeno tre configurazioni: «coadiuvante», «rafforzativo», «compensatorio» dell’azione genitoriale sia diretta che indiretta. Tali ruoli non sono alternativi, ma possono presentarsi in momenti differenti della vita familiare, legati alle occasioni in cui l’interazione nonni-nipoti ha luogo.
È difficile trarre conclusioni dalla nostra analisi, ma possiamo segnalare alcune tendenze. Per quanto riguarda la questione linguistica il discorso è, come era prevedibile, molto articolato e si dipana tra l’esigenza di mantenere la lingua italiana per motivi culturali e affettivi e quella di favorire il miglior inserimento possibile dei figli nel nuovo paese e tra chi ha in progetto di rientrare stabilmente in Italia, ma che desidera che il figli siano liberi di scegliere dove vivere con una competenza linguistica adeguata. L’apprendimento della lingua italiana risulta poi particolarmente importante per chi emigra temporaneamente e non vuole che i figli perdano anni scolastici al rientro in Italia, oppure per chi si trova in paesi di lingue «minori»/non europee affinché la scelta di mandare i figli in scuole anglofone, francofone, ispanofone ecc. non diventi obbligatoria.
Un elemento ricorrente in tutte le testimonianze raccolte è che, rispetto a un passato nemmeno troppo remoto in cui in casa si parlava più spesso il dialetto che l’italiano, può risultare facile, almeno nelle famiglie con entrambi i genitori italiani, insegnare ai figli a parlare e capire l’italiano, mentre non è altrettanto semplice insegnar loro a scriverlo o a leggerlo. Nelle coppie miste, come è emerso dalle interviste e dall’inchiesta on line, non è poi affatto scontato, «che un genitore parli una lingua, un genitore ne parli un’altra».
Spesso sono più i comportamenti a trasmettere valori e cultura italiana come la visita a un museo, il racconto della storia del paese di provenienza, il sedersi attorno alla tavola per consumare cibi italiani, le conversazioni con i nonni via web, le vacanze in Italia che permettono di frequentare nonni e parenti. A questo proposito dobbiamo inoltre rilevare che mentre la pandemia non sembra aver inciso troppo sui numeri delle uscite dall’Italia, il mondo per le famiglie transnazionali in questi due anni si è allontanato impedendo, o riducendo drasticamente, i momenti di incontro sia in Italia che fuori. Vengono in soccorso a questo punto i frequenti contatti con nonni e parenti italiani attraverso il web. Tuttavia questa strategia sembra funzionare maggiormente per le famiglie più istruite e abbienti.
Le politiche dello stato italiano, che in passato erano dedite al sostegno e all'insegnamento della lingua italiana per tenere alto il nome del paese e combattere dialetti e analfabetismo, oggi ci si dipanano tra diversi percorsi tra cui quello dei valori culturali e simbolici del Made in Italy. Per quello che riguarda le scuole italiane all’estero, come emerge nelle nostre interviste, sono per lo più rivolte a discendenti o a italofili. Anche l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua non soddisfa le esigenze delle nuove migrazioni, a causa della scarsità di scuole bilingue e talvolta della inadeguata preparazione dei docenti a insegnare a bambini madrelingua.
Le generazioni delle nuove mobilità sono una realtà oggettiva e, con molta probabilità, un fenomeno destinato a crescere ancora nei prossimi anni. Purtroppo, la sensazione è che le famiglie italiane all’estero siano costrette a decidere in autonomia destreggiandosi tra le poche occasioni fornite dalle istituzioni italiane all’estero e, in sostanza, accollandosene tutti gli oneri. L’augurio è che l’Italia includa al più presto nelle sue politiche un’attenzione anche a questa nuova generazione plurilingue, transnazionale e spesso culturalmente «meticcia», contribuendo a tenerla legata in un’ottica di rete all’Italia, ma anche alle province e regioni riconoscendola come risorsa in un mondo glocale.
Cosmopolitismo ed europeismo, l’importanza della diversità emergono con forza dalle analisi svolte dai nostri intervistati quali tratti emergenti nelle nuove famiglie transnazionali. Le pluriidentità delle nuove mobilità sembrano, infatti, svilupparsi spontaneamente attraverso un trionfo di ismi: un transnazionalismo che rafforza il glocalismo che può portare a una nuova forma di cosmopolitismo. Ma questo è valido per le famiglie di chi ha istruzione, mezzi e attenzione nei confronti della cultura italiana, la maggioranza potrebbe aver bisogno di aiuto da parte del paese di partenza.
Note
1 È importante sottolineare anche in questo caso di come si tratti di un gruppo parziale, una sola fetta del variegato gruppo sociale ed economico di chi abbandona e ha abbandonato l’Italia negli ultimi. La maggioranza delle persone che compongono le «nuove mobilità» in realtà non è laureata e trova impiego in settori non o poco qualificati.
Tutti i capitoli dell’inchiesta, così come la stesura del questionario, sono stati progettati e discussi dagli autori.