Raccontami quando sei nata, che percorso di studi hai fatto e come sei arrivata ad Aberdeen.
Sono nata quarantuno anni fa in provincia di Napoli, a Torre del Greco, dove però ho vissuto solo un anno della mia vita; i miei genitori hanno girato parecchio, siamo passati dagli Stati Uniti al Sud America, e poi siamo approdati a Roma quando io avevo quattordici o quindici ani, e qui io ho fatto il liceo e poi l’università. Dopo il liceo scientifico mi sono iscritta a Scienze Biologiche alla Sapienza e dopo cinque anni di studi mi sono laureata: la grande novità di quell’anno era il nuovo ordinamento, eravamo i primi a dover fare cinque anni e l’anno di laboratorio per la tesi. Quindi ho iniziato a lavorare in un laboratorio di biologia molecolare quando mi mancava ancora un anno e mezzo alla fine. Un gruppetto di noi si è laureato assieme…eravamo i bravi!(ride). Ti dico questo per un motivo: dopo la laurea c’era la possibilità di fare il dottorato e noi che ci eravamo laureati nel dipartimento d biologia molecolare volevamo continuare; al dottorato però c’erano solo due posti e noi eravamo in otto. Sei di noi si sono dovuti rivolgere altrove, anche perché le regole erano ferree: quei due posti appartenevano a due docenti a rotazione, non importava chi fosse più bravo, ma chi si laureava con il professore a cui toccava il dottorato. Devo dire che quell’anno il dottorato è stato vinto da due molto bravi, che se lo meritavano. Io ho iniziato a fare domande all’estero, anche perché ero abituata, ero già stata all’estero e a me sembrava normale andare a studiare all’estero. Intanto però avevo iniziato il tirocinio in un istituto di ricerca a Pomezia, l’RBM, e la persona con cui facevo il tirocinio ha deciso di trasferirsi in Scozia, a Dundee; qui avevano aperto un nuovo istituto di ricerca e l’avevano contattata offrendole una docenza e uno spazio di laboratorio. Lei si è trasferita e mi ha offerto di seguirla e fare il dottorato qui con lei; questo succedeva nel 1997. Il piano era di fare tre anni di dottorato sul tema della regolazione della trascrizione in cellule del sistema immunitario (i macrofagi), una ricerca molecolare di base. La mia capa, che dirigeva il laboratorio, aveva infatti avuto un grosso finanziamento per far partire il laboratorio lì; io mi sono trovata benissimo sia come ricerca sia come ambiente, con le persone di qui.
Come aveva il contatto con gli scozzesi la tua «capa»?
Il nuovo istituito aveva ricevuto un grosso finanziamento dal Welcome Trust, che è molto famoso nell’ambito della biologia, quindi aveva messo gli annunci. La mia capa aveva contatti un po’ dappertutto, aveva lavorato ad Heidelberg in Germania, dove si trova il Centro Europeo di Biologia Molecolare, e quindi sapeva che avevano aperto questo centro e che cercavano qualcuno con la sua formazione. Credo che abbia semplicemente fatto domanda. La Scozia infatti ha iniziato a investire tantissimo in centri di alta formazione, ha aperto un centro ad Edimburgo e l’altro a Dundee, che non so se hai presente, è una città minuscola, abbastanza bruttina, piccola e anonima. Però hanno investito moltissimo qui, perché c’erano due professori universitari con molto carisma e peso politico. Adesso Dundee è importantissima dal punto di vista scientifico, è diventata molto prestigiosa.
Io mi sono trovata bene da subito; beh certo, io venivo da Roma… però fa anche piacere, venendo da Roma, arrivare in una città piccola, dove si fa tutto a piedi, dove esistono cinque pub e incontri tutti quelli che conosci, anche senza telefono né niente. Insomma, una vita molto rilassante, se conti che io avevo fatto per un anno all’incirca la vita da pendolare tra Roma e Pomezia. Quindi il dottorato è andato bene e io ho iniziato a pensare a cosa volevo fare: mi sono resa conto che in Italia sarebbe stato molto difficile tornare, però ad esser sincera non ci ho neanche provato, perché nel frattempo ho conosciuto mio marito. Lui è musicista; quindi ci siamo fatti due conti, e se c’è qualcuno che guadagna meno di un ricercatore in Italia è sicuramente un musicista!(ride). Quindi abbiamo deciso di rimanere.
Tuo marito di che nazionalità è?
È scozzese.
Avete figli?
Sì, due figli.
Poi dalla Scozia vi siete trasferiti direttamente ad Aberdeen? Com’è successo?
No, no. Quando abbiamo finito il dottorato, io dovevo cercare lavoro e allora abbiamo deciso di andare ad Edimburgo, perché è una città più grande e offre più opportunità. Ho fatto domanda per una posizione di post-doc e ho trovato un posto in un laboratorio di una scozzese ad Edimburgo, dove sono rimasta a lavorare per dieci anni, perché mi sono trovata bene e lei continuava ad avere finanziamenti per pagarmi lo stipendio. Però nel frattempo, quando eravamo ad Edimburgo, abbiamo avuto i due bambini: è stato per motivi familiari che abbiamo deciso di venire ad Aberdeen, la famiglia di mio marito sta qui e lui con la musica non è mai riuscito a spostare il centro da Aberdeen ad Edimburgo, per cui faceva molto il pendolare e io rimanevo a lungo da sola coi bambini. Per questo abbiamo pensato che alla prima occasione ci saremmo spostato ad Aberdeen, per avere un po’ una famiglia unita. Questo è successo un anno fa; c’era un offerta che mi piaceva all’università di Aberdeen, ho fatto domanda e mi hanno presa. Ci siamo trasferiti qui.
Fai sempre ricerca?
Faccio ricerca soprattutto, anche se ho cominciato ad allargare un po’ i miei orizzonti e ho iniziato ad insegnare, anche per una questione di curriculum.
Nella fase precedente, hai avuto esperienze di interscambio universitario?
No, in realtà è una cosa che mi sono chiesta a posteriori anche io: perché nessuno ha fatto l’Erasmus nella mia facoltà?
Che lingue parli e come le hai imparate?
Parlo lo spagnolo perché da piccola ho vissuto in Sudamerica, dove ho frequentato una scuola statunitense, per cui ho imparato anche l’inglese. Tornata in Italia, l’inglese non l’ho più praticato tanto, ma poi chiaramente l’ho ripreso quando sono venuta in Scozia.
Quando guadagni al mese netto più o meno?
Sulle duemila sterline nette.
Di che nazionalità sono i tuoi colleghi di lavoro ad Aberdeen, e di che nazionalità erano ad Edimburgo e a Dundee durante il dottorato?
C’erano moltissimi stranieri, italiani e spagnoli soprattutto, sia a Dundee che ad Edimburgo: anche portoghesi, greci, francesi e tedeschi, poi c’erano inglesi e scozzesi, ma meno. Ora con la crisi le cose sono un po’ cambiate, ma nello scenario pre-crisi i britannici non erano tanti. C’era anche la possibilità di lavorare in industria, nel bio-tech, e i britannici lo preferivano; quindi a livello di ricerca accademica c’era un livello più alto di stranieri. Con la crisi invece anche i britannici – siccome è difficile trovare lavoro nelle compagnie – si sono buttati sull’università.
Quindi preferivano guadagnare di più nel privato che nel mondo accademico.
Sì. Oppure, chi voleva studiare andava all’estero, in America. Comunque c’era un ambiente molto misto. Ah bè, poi non ti ho detto che c’era anche una grossa quantità di asiatici. È un ambiente molto internazionale.
Invece, le persone che frequenti privatamente di che nazionalità sono?
Ad Edimburgo e un po’ anche qui, sto ricercando gli italiani; poi in realtà molti sono stranieri, perché quello è l’ambiente di lavoro, e anche britannici e scozzesi. Però ultimamente mi sto buttando molto sugli italiani, perché è molti anni che sono via e sento il bisogno di frequentarli e condividere … Per la lingua, ma anche per i bambini: io voglio che i miei figli imparino l’italiano, così cerco di frequentare italiani che hanno figli. Ma anche per un punto di vista culturale, per commentare i fatti di attualità o parlare delle canzoni o dei cartoni che guardavi da piccolo… insomma, fa piacere stare con qualcuno che capisce le battute, i film, tutto il bagaglio culturale. Poi però ovviamente, essendo mio marito scozzese con tutti gli amici scozzesi, frequento anche loro.
Educate i figli bilingui?
Si , sì, io gli ho sempre parlato in italiano e le vacanze sono sempre state fatte in Italia, dai miei ; d’estate stiamo almeno tre settimane. Il mio figlio più grande ha passato metà delle vacanze da solo con i miei genitori mentre io lavoravo, quindi si è fatto sei o sette settimane d’estate con i miei da quando ha tre anni. Comunque loro mi parlano tranquillamente in italiano.
Che scuole faranno?
Il grande è già alle elementari, è una scuola locale, non insegnano le lingue purtroppo. Mi ero informata ad Edimburgo al consolato: facevano corsi per adulti che ha frequentato mio marito e anche corsi per bambini il pomeriggio, solo che un’amica italiana mi aveva riferito che la maggior parte dei bambini non parlava italiano perché erano figli o nipoti di italiani ma … per cui lei mi ha detto che era inutile. Qui non ho ancora avuto possibilità di informarmi… mi piacerebbe facessero un corso soprattutto per quanto riguarda la scrittura o la lettura, perché per il parlato, sai…
Quando sei arrivata la prima volta in Scozia ti sei registrata alle autorità scozzesi?
In realtà non c’è bisogno di registrasi.
Per lavorare non c’è bisogno di quel codice fiscale particolare?
Esatto, però io la prima volta ero studente, quindi mi sono registrata all’università e sono andata dal medico del sistema sanitario pubblico e mi sono registrata lì con un nome e un indirizzo.
Quando poi ho iniziato a lavorare ad Edimburgo ho dovuto fare un colloquio per avere il National Insurance Number.
Sei iscritta all’aire?
Sì, mi sono iscritta subito, quando sono arrivata per il dottorato, perché da lì a poco dovevo fare il passaporto.
Hai votato alle ultime elezioni per il rinnovo del parlamento italiano?
Sì, e anche a quelle precedenti, ho votato per tutto. Anche ai referendum (acqua pubblica e procreazione assistita).
E hai votato alle ultime elezioni per il rinnovo del parlamento europeo?
Sì, ero ad Edimburgo.
Hai votato per i candidati britannici o quelli italiani?
Gli italiani. Penso che si possa scegliere in teoria. Non sono dovuta tornare in Italia, ma hanno messo dei seggi al consolato di Edimburgo, devo dire che questo consolato lo consiglio a tutti, sono fantastici, ho fatto il matrimonio, il passaporto, ho registrato i figli….
Hai anche un’altra cittadinanza oltre quella italiana?
No, non ho mai preso quella britannica, non ho motivo per farlo, perché essendo europea non ho nessuna discriminazione e non ho bisogno di visti. Potrei farlo, ormai mi basta mandare il passaporto. Poi però mi sembra complicato, dovrei scegliere per chi votare eccetera…
Segui la politica italiana?
Sì.
Quanto spesso?
Adesso quotidianamente, è una telenovela!(ride). Però va a periodi, diciamo che un’occhiata al giornale online la do tutti i giorni.
Quella britannica la segui?
Un po’ meno , più che altro alla radio, perché non ho il tempo di leggere i giornali; leggo i giornali italiani piuttosto.
E non hai il desiderio di partecipare attivamente? Votare in Inghilterra?
No, per il parlamento britannico non posso votare, ma al momento non ne sento interesse, preferisco votare a quello italiano. Però io posso votare alle elezioni amministrative locali, che comprendono il parlamento scozzese,; per questo io voto.
Quindi puoi votare per il sindaco di Aberdeen ma anche per il parlamento scozzese?
Sì.
Hai intenzione di tornare a vivere o lavorare in Italia?
A vivere non mi dispiacerebbe, ma a lavorare no; quando potrò non lavorare, magari verrò in Italia volentieri (ride)
Quindi escludi quest’ipotesi?
Sì, almeno nel breve periodo.
Cosa dovrebbe cambiare in Italia perché tu possa pensare di andarci a vivere nel medio periodo?
La mia risposta magari non è appropriata, perché è soprattutto per motivi personali che non torno, per la mia famiglia e per mio marito, se magari fossi da sola allora uno direbbe« se mi offrissero un buon posto all’università come quello che ho qui», ci potrei pensare. Se anche ciò succedesse ora, non credo che mio marito voglia fare il musicista in Italia (ride).
Perché avrebbe difficoltà a integrarsi o per le difficoltà professionali?
Per le difficoltà professionali. Lui ama l’Italia; quando non avremo più bisogno di lavorare, penso che torneremo in Italia.