33 anni, Madrid, Editor

Intervista registrata il 22.11.2012

Quanti anni hai e dove sei nato?

Ho 33 anni, quasi 34 e sono nato a Torino.

Puoi raccontarmi brevemente dove hai vissuto fino ad ora?

La maggior parte della mia vita a Torino con delle parentesi della durata mai più di un anno in Spagna, in occasione di un soggiorno studio Erasmus nel 2001 e poi di un altro soggiorno per motivi di studio nel 2006; adesso negli ultimi anni che mi sono trasferito per  brevi periodi di lavoro, ma di pochi mesi, sono stato in Albania e in Africa.

Ok, poi torneremo su questi punti e mi spiegherai un po’ meglio. Il tuo titolo di studio?

Sono laureato con la laurea specialistica, quella  di secondo livello.

In che facoltà?

Lettere e filosofia.

Corso di laurea?

Scienze della comunicazione.

Sei sposato?

No.

Unione civile?

Neanche.

Convivente?

Convivo con la mia compagna.

Avete figli?

No.

Che lingue parli e come le hai imparate?

L’italiano è la mia lingua madre, poi lo spagnolo è quella che padroneggio meglio e direi che a questo punto sono a un buon livello, poi ho studiato a scuola in Italia molti anni il francese, quindi metto il francese prima dell’inglese perché ho una formazione più lunga, quindi una conoscenza media del francese e bassa- intermedia dell’inglese, che ho imparato per i fatti miei.

Lo spagnolo l’hai imparato dove, che non lo ricordo più?

Lo spagnolo nell’ambito di questi miei soggiorni in Spagna per motivi di studio. Il primo corso strutturato lo ebbi durante l’Erasmus e all’università, un corso per studenti stranieri; e poi, come autodidatta, vivendo qui.

Quindi praticamente tu sei andato in Erasmus senza sapere lo spagnolo?

Lo sapevo pochissimo, avevo un’esperienza di lavoro di un’estate, ma poco direi.

Ok, hai detto che hai fatto l’Erasmus in Spagna puoi specificare dove?

A Santiago de Compostela, facoltà di Periodismo, giornalismo.

Quanto tempo?

La borsa di studio era di sei mesi e io mi ero fermato nove mesi.

Nel 2001?

Sì.

Quindi questo era il tuo soggiorno più lungo, fino a quando ti sei trasferito qui?

No, nel 2006 ho fatto un master a Barcellona e sono stato più a lungo, anche lì il master era della durata di 6 mesi, ma in quell’occasione mi fermai tutto l’anno.

Master in cosa?

Edizione della fotografia.

Che mestiere fai, qual è il tuo impiego attuale?

Lavoro ma è una collaborazione senza contratto, per cui vengo pagato sulla base di fornitura d’opera come professionista per singoli progetti da un editore che qui in Spagna pubblica libri a fumetti. Per lui realizzo dei lavori puntuali che mi vengono pagati con contratti puntuali;  in realtà la collaborazione ormai va avanti da un anno e nonostante questo non è ancora stata strutturata, spero che a breve la cosa possa cambiare, ma al momento questa è la situazione.

In pratica di cosa ti occupi?

Mah, in pratica di tutto, nel senso che essendo una casa editrice molto piccola, io ho competenze in più ambiti, sia di tipo tecnico, per cui impaginazione dei libri, grafica, realizzazione di brochure, depliant e varie cose, quindi più tecniche, sia di traduzione, di ricerca di cose da pubblicare, quindi ricerca editoriale, sia della promozione, quindi contatti con i mezzi di comunicazione, con gli autori, sono collaborazioni ad ampio spettro. Le cose su cui vengo retribuito sono le cose di tipo tecnico, perché quelle sono quantificabili e quindi su quelle calcolo la mia retribuzione.

Ho capito, senti, ma prima di quest’esperienza lavorativa che altri lavori hai fatto e dove li hai fatti?

In Spagna nessuno, è la prima cosa un po’ più strutturata che ho; in Italia ho lavorato dopo il master a Barcellona – sono rientrato in Italia e sono stato tre anni, tre e mezzo –  ho lavorato come ricercatore presso un centro studi privato legato anche all’università, in quanto nel comitato scientifico del progetto su cui ho lavorato c’erano anche persone della mia Università degli Studi di Torino. È un centro che si occupa di movimenti migratori, migrazioni internazionali e io con altre persone avevamo seguito per tutta la durata del mio soggiorno in Italia un progetto sulle rappresentazioni visive, in particolar modo fotografiche, della diversità culturale dei migranti sui mezzi a stampa.

Potresti raccontarmi un po’ delle motivazioni che ti hanno spinto a trasferirti a Madrid e in seguito com’è stata la «trasferta»?

Il motore principale direi che è personale: la mia compagna è spagnola, ci conoscemmo all’epoca del mio master nel 2006, lei si trasferì a Torino dove vivemmo assieme durante il periodo che trascorsi a Torino, lavorando a questa ricerca, finita la quale sono coincise un po’ di cose. La mia compagna voleva rientrare in Spagna, la cosa non mi turbava di base perché era un paese in cui ero già stato, non mi sembra distante, non mi comportava un impegno particolare sul piano personale e poi è coinciso tutto con la fine di quel progetto di ricerca, col fatto che oltre ad essere terminata quest’esperienza non si aprivano prospettive lì in Italia ulteriori, almeno non chiare. Non che in Spagna ne avessi di più concrete, però l’ho presa come invito sul piano personale all’idea di cercare in Spagna le prospettive che in Italia non mi stavano aprendo; mi trasferii nell’autunno del 2010.

Hai già anticipato la domanda che ti faccio ora, tra queste motivazioni quale ha influenzato maggiormente la scelta di venire a Madrid, cioè lavoro, studio, famiglia/amore, qualità della vita?

Ma direi il motore è stata la relazione di tipo sentimentale, personale, che ha fatto muovere tutto, poi a ruota anche una motivazione sul piano professionale, appunto anche l’idea che in Spagna potessi trovare qualcosa che in Italia non stavo trovando in quel momento, e poi direi, sì, stile di vita e qualità della vita. In Spagna le mie esperienze son sempre state molto piacevoli su un piano culturale, di approccio, e questo mi ha facilitato nel fare questa scelta.

Senti potresti riassumermi brevemente, allora tu sei arrivato a Madrid nel 2010, ti sei trasferito da Torino a Madrid?

Sono stato qualche mese a Barcellona all’inizio.

A Barcellona a fare cosa?

A Barcellona perché non era chiaro con la mia compagna se saremmo venuti a vivere a Madrid o altrove in Spagna, lei è di Siviglia e io all’inizio ero tornato a Barcellona, perché già la conoscevo, avevo studiato lì, e mi sono iscritto a un dottorato a Barcellona. Poi la mia compagna per motivi suoi, anche di lavoro, è venuta a Madrid e dopo pochi mesi sono venuto anch’io, pur rimanendo in un primo periodo legato a Barcellona attraverso il dottorato. Recentemente ho spostato il dottorato in qualche modo a Madrid. Quindi c’è stata questa transizione in due step.

Quindi sei iscritto al dottorato e stai facendo ricerca su cosa?

Non sto facendo ricerca, sono iscritto, ho scritto il progetto di tesi, qui il dottorato praticamente non mi dà formazione: ho avuto accesso direttamente, grazie ai miei titoli italiani, alla fase di scrittura della tesi di dottorato, ho scritto il progetto, l’ho presentato, è stato approvato già a Barcellona e poi mi è stato confermato qui a Madrid. Ora sono fermo nel senso che, non avendo una borsa di studi, cosa che ho cercato appena arrivato in Spagna, non ho modo di dedicarmi alla ricerca, ho dovuto cercare lavoro e questo ha fatto sì che sostanzialmente il mio dottorato sia fermo dalla primavera scorsa.

E cosa riguarda?

La ricerca è sulla linea del progetto cui avevo lavorato in Italia, quindi rappresentazioni visive della diversità culturale, in particolar modo fotografiche; in Spagna ho deciso di concentrarmi in particolar modo sull’alterità culturale arabo-musulmana.

Quanto guadagni o ricevi tra non so, borse di studio, introiti, lavoro, etc… più o meno, al mese?

Considerando solo il lavoro pagato o anche introiti miei di altra natura?

Non so se preferisci specificare o se vuoi dirmeli tutti insieme, come vuoi …

Io vivo anche grazie a una rendita che ho di un affitto di un appartamento che ho in Italia; questo più quello che mi pagano qui, diciamo che arrivo a 800-900 euro.

Ti senti economicamente integrato a Madrid?

No, direi di no, ancora sopravvivo discretamente con rinunce, l’affitto è caro, anche se in generale la città non è cara per essere una capitale europea, è un po’ più cara di Torino. Però direi «integrato» no, perché le mie scelte sono ancora un po’ limitate, le mie possibilità … non ho esigenze di benessere, non le ho mai avute, però non reputo di essere ancora a un livello minimo per poter fare dei progetti familiari, eccetera. Quindi no. 

Ti senti invece culturalmente integrato?

Ma sì, su quel piano sì, sempre meglio, nel senso che è una cultura che ho sempre sentito abbastanza vicina, poi quando uno ci vive dentro in realtà si accorge che le differenze ci sono e si sentono, però sento di non avere difficoltà.

Come sei assicurato contro le malattie?

Non mi è chiaro, nel senso a livello sanitario sono cambiate molto le cose proprio di recente qui in Spagna, perché i tagli molto grossi al welfare – dovuti alle politiche anche del governo spagnolo –han fatto sì che io, quando sono arrivato nel 2010, avevo un’assistenza sanitaria ottima anche specialistica, cosa che ad esempio, viceversa, la mia compagna quando viveva in Italia non aveva. Non lavorando in Italia, lei aveva solamente le emergenze, il pronto soccorso, però non poteva avere accesso a visite specialistiche. Viceversa io qui in Spagna all’inizio sì, poi non ho più avuto l’esigenza di andare e anche per pigrizia non mi sono più interessato, però da quanto leggo sui giornali, informandomi anche con le persone, penso al momento di non avere una copertura sanitaria di tipo specialistico. Il pronto soccorso direi di sì, però mi viene il dubbio anche su quello perché le cose stanno veramente cambiando in maniera rapida e in peggio, qua.

Tu sei iscritto presso le autorità competenti in Spagna, presso l’anagrafe?

Io qui ho una cosa che si chiama NIE che è il numero di identificazione degli stranieri tutti, ed è un numero abbastanza utile al governo, nel senso che non implica nulla per lo straniero, però consente di aver accesso a tutti i servizi di tipo occupazionale, quindi una cosa che le persone fanno e che al contempo permette alle autorità di avere una cifra di riferimento abbastanza vicina alla realtà delle presenze degli stranieri in territorio spagnolo. Però io ho ancora la tessera sanitaria italiana, quindi nei termini della reciprocità dei servizi sanitari interni all’Unione Europea, io penso di potermi avvalere di questo, insomma.

Sei iscritto all’aire?

No.

Per quale motivo?

Pigrizia, di base, e poi sono qui da due anni, quindi non era così chiaro che mi sarei fermato. Adesso sta diventando di più e quindi sarà poi una cosa che penso di fare a breve, ma finora non mi sono posto il problema, diciamo.

Segui la politica italiana?

Sì.

Sapresti dirmi quanto, a che livello?

Abbastanza, l’ho sempre seguita in questi due anni, ora ovviamente di più per il lavoro che sto facendo con l’editore: io mi occupo per lui di libri in italiano, cioè noi iniziamo adesso a pubblicare dei libri in italiano e io in qualche modo sto mettendo in piedi con lui un’attività ponte tra Italia e Spagna, quindi questo fa sì che dopo un periodo passato in Spagna in cui mi sono concentrato molto sulla cultura spagnola, sulla politica, adesso senta comunque l’esigenza di mantenere forte il contatto con l’Italia anche per motivi professionali; io comunque devo rivolgermi come attività professionale anche all’Italia e quindi sì la seguo. E poi ancora, mi è molto più facile comprendere in fretta lo scenario politico italiano rispetto a quello spagnolo, che seguo però comunque mi comporta più difficoltà e quindi sono più pigro in questo senso.

Hai votato per le elezioni per il rinnovo del parlamento italiano? Sì/no e dove?

Quando sono state aiutami? L’ultimo governo Berlusconi?

 Sì.

Sì, sì votai in Italia, nel collegio a Collegno.

Hai votato alle ultime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo?

Sì.

Hai intenzione di andare a votare alle prossime elezioni amministrative a Madrid o hai già votato alle amministrative lì?

No, non ho mai votato in Spagna e non penso di poter votare alle amministrative locali.

In realtà come cittadino europeo hai diritto di votare alle amministrative della città in cui risiedi, te lo dico a titolo informativo.

Grazie.

A meno che Madrid non faccia provincia o regione. Tipo Berlino è come una regione e poi ha i quartieri che sono tipo comuni, allora lì potevi votare per i quartieri. Hai detto che segui la politica, con che mezzi la segui quella italiana?

Internet, periodici, periodici online, rai in streaming, radio, televisione in streaming.

Periodici, quali sono quelli che leggi più spesso?

Repubblica, Manifesto online e poi cose più radicali, più schierate, più a sinistra.

Tipo?

Info aut, un portale di informazione legato al movimento delle autonomie, e poi la rivista Alfabeta due, quindi informazione più approfondita, più culturale.

Visti questi interessi ti domando anche, ma tu fai politica?

In Italia o in Spagna?

Sia in Italia che in Spagna.

In Italia sì, negli anni in cui sono stato a Torino frequentavo il comitato di quartiere legato a uno spazio autogestito in una zona di Torino e con loro mantengo una collaborazione su un periodico che pubblichiamo periodicamente; è l’unica cosa che mantengo con l’Italia. In Spagna mi sono avvicinato soprattutto nell’ultimo anno al movimento del 15m, quindi degli Indignados, quello che si originò in Plaza del Sol e che adesso si declina a livello locale nei quartieri, in particolare in un’assemblea cittadina che c’è nel mio quartiere: ci riuniamo tutti i sabati in piazza a discutere di varie questioni e poi si organizza un’attività di informazione legata al quartiere, si partecipa a manifestazioni insieme, eccetera …

Mi hai detto più o meno i siti internet che frequenti; leggi quotidianamente le notizie su internet sull’Italia?

 Sì.

La rete che importanza ha avuto per te, come canale di informazione per la tua scelta di emigrare?

Non molto, perché comunque la Spagna era abbastanza lì per me, sia per il mio percorso di studi, sia per motivi personali, quindi la rete non ha determinato questo. Mi ha aiutato molto, soprattutto a livello logistico, organizzativo, per la casa, per gli studi, per l’università, nel prendere contatto con le persone attraverso e-mail. Quindi su un piano logistico-organizzativo è stata fondamentale, però per la scelta no.

Dicevi anche nel tenere contatti, contatti con l’Italia dici?

Sì, sia per ,mantenere contatti con l’Italia, sia per trovare nuovi contatti in Spagna, soprattutto a livello accademico, universitario, poi invece per i contatti di tipo personale e amicale no. C’è più la frequentazione di spazi, di eventi, circoli di amici, eccetera …

Senti, ma privatamente le persone che frequenti di che nazionalità sono, sono più spagnole, più italiani?

Spagnoli direi al 95%. Ho un amico italiano a Madrid che frequento abitualmente, però ho amici non spagnoli, internazionali direi, francesi, pochi europei, e qualche sudamericano. Qui ci sono molti sudamericani, colombiani, messicani.

Rispetto alla rete, utilizzi i social network, se sì quali e con che frequenza?

Dunque Skype è il mezzo più immediato, che utilizzo di più, Facebook lo uso da poco e abbastanza poco e più per il lavoro che per la comunicazione personale, e poi uso Twitter.Entrambi sono utili per il lavoro che ho in questo momento legato al progetto editoriale.

Come ti identifichi, ti senti italiano, europeo, piemontese, torinese? Analizziamone uno per volta, ti senti italiano lì a Madrid?

Ma sì, più qui che in Italia. E’ un discorso un po’ complicato, però inevitabilmente qua mi sento straniero, ma non è che mi infastidisca, è una cosa che mi da anche una certa forza, comunque tutto sommato l’essere italiano è una cosa che desta un certo interesse anche nelle persone, quindi sia a livello professionale che amicale è un tratto di cui non mi vergogno assolutamente, che anzi anche a livello proprio di confronto con la cultura locale tendo a rivendicare per crearmi un mio carattere, una mia identità da proporre in qualche modo. Quindi italiano sì, piemontese sì in parte, di origine non lo sono però a livello gastronomico, in conversazioni con gli amici, è una cosa che mi piace dire perché entriamo in dibattiti di cultura proprio materiale, che è legata al folklore locale. Però come identità non mi sento particolarmente piemontese. Europeo sì, ma a livello più utopistico, l’Europa non la vedo, non la vedo chiara.

Poi dopo mi spieghi anche se ti senti torinese. Che rapporto hai con l’Europa e con le istituzioni dell’Unione europea, se ne hai uno?

So che esistono, seguo soprattutto le informazioni mainstream, cioè ecco la vedo come una voce di tipo mainstream abbastanza lontana dalla dimensione locale, dalle reali dinamiche della politica. So che esistono ma ,più come un’informazione mia di studio che come presenza effettiva nella vita reale. E torinese, sì direi che mi sento più torinese che piemontese, perché Torino poi ha un’identità più ibrida.

Hai intenzione di tornare a vivere e lavorare in Italia?

Mah, intenzione no, però vista la precarietà della situazione, non mi chiudo le porte in nessun modo. Questo lavoro adesso «un po’ ponte» mi piace, anche perché mi dà la possibilità di essere attento sia sulla Spagna che sull’Italia e quindi sono legato a opportunità che si dovessero aprire: se si aprissero in Italia, diciamo –  io non cerco attivamente, sono più attivo nella ricerca di una stabilità in Spagna in questo momento – se lì dovesse aprirsi qualcosa prima, visto che mantengo i contatti con l’Italia, ci penserei e sarei anche disposto a rientrare. Poi ci sarebbe tutto il discorso diciamo domestico da affrontare con la mia compagna, che potrebbe essere un impedimento, però non lo escludo.

Adesso come adesso quante volte torni in Italia?

Adesso con questo lavoro abbastanza spesso, comunque tendenzialmente tre volte all’anno. È molto comodo, devo dirti, Torino-Madrid è un volo diretto di meno di due ore, tra l’altro low cost, quindi è abbastanza facile il rientro, non mi sento né lontano geograficamente, né…

Senti, ma conoscendo bene le due realtà, da un punto di vista professionale potresti farmi un paragone tra la Spagna e il mercato del lavoro in Spagna, certo con incluso il discorso della crisi chiaramente, e quello italiano?

 

Mah, posso dirti qualcosa sull’università, sull’università mi sono trovato meglio qui anche se sono arrivato in un momento molto poco favorevole. L’università spagnola ha conosciuto degli anni proprio di boom, che sono coincisi con il boom generale della Spagna, molte borse di studio, molte possibilità, e io sono arrivato un po’ tardi, non sono più riuscito a inserirmi in quel flusso, e per quello non ho una borsa di studio. , anche a livello umano, se son tornato in Spagna è anche perché le mie esperienze di studio qui mi avevano sempre dato il metro di una relazione interna all’accademia più normale, meno ingessata, così per usare un aggettivo generale. Sul piano professionale, mah devo dire, adesso sto capendo un po’ di cose, appunto con questa casa editrice: lavoro in Spagna e mi devo rapportare a livello professionale, fra l’altro in un settore di cui non mi sono mai occupato, per cui proprio un po’ con un profilo imprenditoriale, una novità per me, però devo dire che io in un qualche modo ho montato una casa editrice in Italia, anche se poi la sede legale è in Spagna. Questo ha fatto sì che ho dovuto proprio interagire con distribuzione e quindi tutta una serie di pezzi della catena dell’editoria e mi sono reso conto che è davvero complicato in Italia, ci sono parecchi strati uno sull’altro, è difficile parlare con le persone che ti possono dare delle risposte, si tende a dare delle risposte molto ambigue.

Cosa intendi con strati, non ho capito?

Ad esempio, conflitti di interesse: ci sono molti livelli all’interno delle imprese, per cui uno non riesce mai a parlare con un interlocutore da cui può avere una risposta definitiva, le cose tendono a trascinarsi nel tempo e questo a livello di progettualità imprenditoriale è deleterio. In Spagna, devo dire, hanno un atteggiamento più chiaro, poi anche qui ci sono delle cose che non vanno, però è più dovuto a incapacità magari, mentre in Italia se qualcosa non va è più per astuzia, per zone grigie, così … Senza generalizzare, però per esperienza personale sto un po’ capendo questo, che in Italia l’incapacità viene dopo, è una cosa che magari c’è, però innanzitutto ci sono difficoltà di altra natura.

Sempre secondo le tue esperienze, c’è più meritocrazia in Italia o in Spagna?

Anche se non ho ancora trovato una collocazione qui e non mi sento di essere riconosciuto per quelle che sono le mie competenze, credo che qui ci sia più possibilità di far capire il proprio valore, c’è più attenzione alle persone, meno alle apparenze; sì penso di sì, poi spero di essere confermato in questo, magari invece non lo sarò, però così a intuito mi sembra di sì.

C’è qualcosa che vuoi aggiungere tu o qualcosa che ti senti di dire che non abbiamo toccato?

In generale le risposte – prendo spunto da quest’ultima – vanno tarate proprio un po’ sul contesto, sul momento storico-politico-economico che si sta vivendo per cui immagino … io proprio sono arrivato in un momento particolarmente sfortunato. Ho amici che si erano fermati in Spagna dal 2006, quando, ti dicevo, ho fatto il mio master. Se io mi fossi fermato in Spagna allora, probabilmente adesso la mia situazione sarebbe diversa perché mi sarei agganciato a un periodo in cui le cose in Spagna andavano decisamente meglio e quindi avrei anche una prospettiva un po’ diversa, quindi penso che in generale le risposte siano sempre appunto “un po’ sporcate”, ma è naturale che lo siano.

Secondo te farà più fatica a uscire dalla crisi la Spagna o l’Italia? E soprattutto secondo te, dove intuitivamente senti che c’è più crisi?

In Spagna, perché in Spagna non c’è il risparmio delle famiglie, non c’è una ricchezza accumulata, è molto più giovane la democrazia, la ricchezza, il benessere, quindi la bolla era davvero una bolla, ed è davvero scoppiata. In Italia non c’è mai stata questa bolla, c’è sempre stata una difficoltà anche di più lunga data, però contemporaneamente c’è un benessere che ha una durata più lunga, quindi nonostante in Italia si stia cominciando a intaccare anche il risparmio delle famiglie, che è un serbatoio importante, l’Italia è un po’ più sana, mentre la Spagna davvero ha vissuto su dei guadagni illusori. Io ad esempio, ti dicevo, ho una casa di proprietà in Italia e penso che sia una cosa non così diffusa, però c’è tutto un settore sociale di gente della mia età che ha delle proprietà anche dalle famiglie, eccetera…, in Spagna no, i miei coetanei in Spagna non hanno una casa, è veramente raro. Quindi l’Italia può uscirne prima proprio basandosi su un sistema più solido, più forte. Però la Spagna può uscirne meglio, dal momento che la società civile è meno abbattuta su un piano morale-psicologico; l’Italia secondo me è una società civile che davvero è stata compressa, brutalizzata da anni di malgoverno. In Spagna hanno ancora quest’illusione o comunque freschezza di una democrazia più giovane, quindi ci credono ancora nella possibilità di auto organizzarsi, di proporre … appunto può essere un’illusione, però è un’energia che trovo attorno a me, che fa piacere e che trovavo meno in Italia, devo dire.