Amoreno Martellini illustra, attraverso le parole dei protagonisti, l’esperienza migratoria di tante donne e uomini italiani che dalla metà dell’Ottocento al secondo dopoguerra lasciano il proprio Paese di origine per trasferirsi all’estero. Per raggiungere questo obiettivo, l’autore attinge a diari, memorie ed epistolari raccolti presso l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano (Arezzo), selezionando le testimonianze più significative.
Con una scrittura fluida e chiara Martellini ricompone un secolo di migrazioni verso varie destinazioni, dall’Europa alle Americhe e dall’Africa all’Australia, facendo uso di un numero considerevole di documenti che vanno a delineare una storia collettiva. La caratteristica comune a queste narrazioni è il carattere pedagogico; spesso, infatti, chi scrive lo fa per lasciare un ricordo della propria vita ai propri discendenti.
Il saggio è diviso in quattro sezioni: la decisione di partire, le ripercussioni di questa scelta sulle dinamiche familiari, il lavoro e la mobilità professionale, i due conflitti mondiali. Appare evidente fin da subito la scelta di non trattare alcune tematiche come il viaggio o le impressioni dei migranti relative alla nuova società in cui si trasferiscono.
La prima parte, a mio avviso particolarmente interessante e originale, descrive la cosiddetta «informazione migratoria» (p. 19), cioè come scatta nell’individuo la volontà di emigrare. L’idea può nascere grazie agli agenti delle compagnie di navigazione, che con manifesti pubblicitari e con contratti (spesso fasulli) convincono contadini e artigiani a imbarcarsi alla volta di terre ignote. Nei primi anni del Novecento, però, sono soprattutto le lettere di parenti o compaesani che hanno già intrapreso questo percorso a invogliare a partire chi è rimasto in Italia. Quello che accomuna un po’ tutte le storie individuali sono i motivi principali per cui si sceglie di emigrare, legati solitamente alle necessità economiche o, in alcuni casi, alle idee politiche opposte a quelle dei governi al potere.
La partenza prevede una lunga serie di rituali. Martellini raccoglie diverse testimonianze su tutte quelle azioni e commissioni da compiere prima di intraprendere il viaggio e salire sulla nave od oltrepassare la frontiera. Gli adempimenti sono generalmente di natura pratica e riguardano la gestione della casa, delle terre, dei beni di famiglia, la preparazione dal bagaglio. Lasciare i genitori, la donna amata, i figli, la terra di origine è sempre motivo di grande dolore. Leggendo le parole degli emigranti, un tema ricorrente è quello della sirena della nave che suona mentre il piroscafo si stacca dalla banchina, simbolo della separazione definitiva e dell’inizio di una nuova vita altrove.
È soprattutto grazie a lettere e diari che scopriamo le dinamiche personali che sconvolgono gli equilibri familiari nel momento in cui qualcuno decide di partire. Le difficoltà di mantenere un rapporto affettivo a distanza, i tradimenti, la nostalgia. Ma anche i problemi legati all’ostilità della popolazione locale verso gli italiani o le difficoltà del ricongiungimento con la propria amata con la quale doveva esistere un vincolo coniugale (eventualità che porta in alcuni casi al dover celebrare matrimoni per procura); la scelta di emigrare solitamente impone una strategia precisa che vede la partenza in solitaria del marito, raggiunto in un secondo momento da moglie e figli.
Un altro tema sul quale Martellini si concentra è il lavoro. Le professioni degli immigrati italiani sono le più dure e pericolose. Si lavora alla giornata nei campi o peggio ancora in miniera. L’autore si sofferma, inoltre, sul mestiere della guerra, spesso considerato un’occupazione qualsiasi. È importante sottolineare come non si parli di carriera militare, bensì di arruolamento come soldati semplici per andare a combattere guerre minori delle quali si ignorano motivi e cause. È esclusivamente la questione economica che porta ad entrare nell’esercito. Troviamo qui le testimonianze più crude, ciniche e violente. Da sottolineare come non vengano inseriti in questa categoria gli immigrati clandestini che a metà Novecento, cercando di passare il confine con la Francia, vengono intercettati dalle autorità francesi e costretti a scegliere la Legione Straniera per evitare il rimpatrio immediato. Non mancano inoltre sezioni dedicate al lavoro femminile e alle problematiche relative al lavoro minorile.
L’ultima parte del saggio è dedicata a come si pone l’emigrato rispetto al proprio Paese natale impegnato nei due conflitti mondiali. In questo frangente emergono atteggiamenti opposti. Se in alcune lettere il fatto che l’Italia sia in guerra non viene quasi menzionato, in altre si inneggia alla mobilitazione, esprimendo idee che si avvicinano al nazionalismo tipico della propaganda fascista. Questo sentimento verso la propria patria porta molti uomini a tornare in Italia per combattere. L’autore si sofferma inoltre sulle conseguenze della dichiarazione di guerra alla Francia da parte di Mussolini nel 1940 per coloro che hanno scelto come meta finale il Paese transalpino.
Martellini realizza una bella opera di ricostruzione di un secolo di emigrazione italiana. Per la sua tematica attuale e di estremo interesse (ma che, come sottolineato nell’introduzione, non presenta necessariamente analogie con l’esperienza dei migranti di oggi) il volume si pone come strumento di grande utilità per chi fa ricerca nell’ambito della storia delle migrazioni, ma anche come lettura piacevole e accessibile per i non specialisti del settore che fossero semplicemente interessati all’argomento.
Andrea Galli