Il libro, basato su uno scavo attento e scrupoloso delle fonti americane e italiane, è la prima storia organica delle comunità valdesi statunitensi dopo lo studio di George B. Watts (The Waldenses in the New World, Durham [nc], Duke University Press, 1941) che richiedeva da tempo correzioni e integrazioni. Si tratta di un lavoro dettagliato che affronta un tassello importante della storia religiosa dell’immigrazione italiana in America.
Il primo capitolo descrive la nascita della prima colonia valdese negli Stati Uniti. Fu fondata a Monett, in Missouri, nel 1875 da un gruppo, giunto dall’Uruguay, che aderì alla Chiesa presbiteriana nel 1880. Il legame ideale con le Valli, a lungo mantenuto sul piano simbolico, andò affievolendosi a partire dagli anni trenta, cessando del tutto di lì a poco.
Il secondo capitolo narra le vicende di due comunità valdesi del Texas: Wolf Ridge, costituita nel 1880 da membri dell’insediamento del Missouri, e Galveston, sorta intorno al 1890 per iniziativa di valdesi toscani immigrati in America. Entrambe composte in prevalenza da agricoltori, dettero vita a congregazioni religiose, poi assorbite dalla Chiesa presbiteriana, rispettivamente nel 1904 e nel 1927, e scioltesi negli anni quaranta.
Il terzo capitolo ricostruisce l’esperienza della comunità valdese italiana di Chicago, nata nel 1892 quando un nucleo evangelico di immigrati italiani, attivo in città da un paio d’anni, chiese al Comitato di Evangelizzazione valdese la presenza di un pastore e, al contempo, aderì formalmente alla Chiesa presbiteriana. La congregazione, denominata Waldensian Presbyterian Church dal 1926, subì numerose scissioni per un alto tasso di litigiosità, ma rimase attiva sino al 1975.
Il quarto capitolo è dedicato a Valdese in Carolina del Nord. La colonia ebbe origine su diretto impulso del gruppo dirigente valdese che sperava di trovare nell’emigrazione negli Stati Uniti un rimedio alla difficile situazione economica delle Valli. Fu così che nel 1893 una trentina di valdesi si stabilì in Nord Carolina con l’intento di dar vita a una colonia organizzata su principi semi-collettivistici. L’esperimento sociale durò poco più di un anno, ma i valdesi che si erano trasferiti lì non fecero ritorno in Italia e, in seguito a successive ondate di immigrati, Valdese fu incorporata come città nel 1920. Anche qui, sin dal 1895, la chiesa valdese si affiliò a quella presbiteriana e, dalla seconda metà degli anni venti, assunse l’inglese come lingua ufficiale.
Il quinto capitolo ripercorre le vicende dei valdesi nello stato di New York. Tra il 1876 e il 1885 a Little Italy operò un nucleo di evangelici italiani che, grazie alla New York City Mission and Tract Society, crearono due missioni cittadine rivolte alla crescente popolazione di immigrati dall’Italia. Il Comitato di Evangelizzazione, sollecitato da questi evangelici, inviò a New York un giovane candidato in teologia, che però dopo appena un anno, insoddisfatto dei risultati e dei difficili rapporti con i patroni americani, decise di lasciare il Paese. Dopo questo fallimento, fu solo nel 1908 che, di fronte ai flussi di massa negli Stati Uniti, anche dalle Valli, il Comitato di Evangelizzazione inviò a Rochester, New York, il pastore Alberto Clot come rappresentante della Chiesa valdese per le Chiese protestanti di Stati Uniti e Canada. Lot fondò l’Italian Waldensian Presbyterian Church of the Evangel (sic). Su sua richiesta, venne mandato a New York un pastore che nel 1911 fondò la Waldensian Union, poi ribattezzata Waldensian Congregation. Nel 1925 un centinaio di suoi membri, in disaccordo con la decisione di associarsi formalmente alla Chiesa presbiteriana, formò una Waldensian Mission autonoma, che tre anni dopo si costituì in First Waldensian Church of New York. La chiesa assorbì gli ultimi membri della Waldensian Congregation negli anni quaranta e rimase attiva fino al 1994.
Nessuna di queste chiese esiste ancora. Seguendo percorsi simili, tutte intrapresero una progressiva americanizzazione, legata al passaggio generazionale segnato dall’adozione dell’inglese come lingua dell’amministrazione e del culto, preludio al loro più o meno rapido dissolvimento. È, però, significativo come in molti casi esaminati nel volume, si sia assistito in tempi recenti a un recupero simbolico della memoria dell’eredità valdese. Ad esempio, a Monett, negli anni settata, presero avvio progetti di recupero della memoria storica delle origini, con la nascita di una Waldensian Historical Society of Monett, attiva dal 1973 al 1999. Invece a Valdese la memoria della identità valdese è stata valorizzata attraverso il Waldensian Heritage Museum e un Waldensian Festival che si svolge dal 1976.
Il sesto capitolo delinea l’impegno italiano dell’American and Foreign Christian Union (afcu) e le vicende dell’American Waldensian Aid Society (awas), ovvero delle due organizzazione statunitensi che maggiormente fornirono finanziamenti alla Chiesa valdese in Italia.
L’afcu nacque a New York nel 1849 dalla fusione di tre altre associazioni evangeliche, nate nei dieci anni precedenti per convertire i cattolici sia in America che all’estero. Dagli anni cinquanta, l’afcu iniziò la sua attività in Italia, anche se, soprattutto dal 1865, pur mantenendo rapporti cordiali con la Chiesa valdese, preferì sostenere la Chiese libere (costituitesi in Chiesa Cristiana Libera nel 1870). Nel 1873 l’afcu decise di abbandonare la penisola, riducendo progressivamente i finanziamenti al protestantesimo italiano e, nel 1884, cessò di essere un’organizzazione missionaria, interrompendo di fatto le sue attività e limitandosi al sostegno economico della American Church di Parigi.
La storia dell’American Waldensian Aid Society (awas) ebbe le sue scaturigini nel 1888, quando la Chiesa Cristiana Libera inviò negli Stati Uniti il pastore Luigi Angelini, per trovare finanziamenti. Per assistere gli immigrati italiani, questi costituì l’Angelini Society che, dopo l’adesione alla Chiesa Valdese, contribuì in modo determinante alla fondazione dell’awas nel 1906. Di natura interconfessionale, l’awas promosse una raccolta di fondi per le popolazioni siciliane colpite dal terremoto del 1908, per la costruzione della Chiesa valdese di piazza Cavour a Roma e per gli orfani della prima guerra mondiale. I rapporti, non sempre facili, tra le Valli e l’organizzazione americana ebbero una battuta d’arresto con il fascismo per cessare con l’entrata in guerra degli Stati Uniti. Le relazioni ripresero nel 1943 e fu anche grazie ai finanziamenti raccolti per suo tramite che venne dato inizio al Centro Ecumenico di Agape a Prali.
La storia religiosa dell’immigrazione italiana in questi ultimi anni ha visto un crescente interesse per le chiese protestanti italiane sorte negli Stati Uniti. Il libro di Pilone è indubbiamente destinato a diventare un punto di riferimento per chi si occupi di questi temi, per la ricchezza delle informazioni, l’ampiezza della ricerca archivistica e per la minuziosa attenzione alle biografie dei protagonisti e agli intrecci confessionali delle comunità valdesi, spesso ma non sempre, legate alla Chiesa presbiteriana.
Stefano Villani