Con il suo volume, Caterina Romeo affronta in maniera pressoché completa la vasta produzione degli autori provenienti dalle ex colonie che scrivono in lingua italiana. Partendo dal titolo entriamo subito nel cuore della tematica: si tratta di esperienze letterarie relativamente recenti che contribuiscono a vivacizzare la letteratura italiana contemporanea.
Il testo offre molteplici riflessioni e spunti di lettura sulla produzione letteraria di autrici e autori la cui madrelingua non è l’italiano, che vivono da anni in Italia e hanno scelto la lingua italiana per la propria espressione artistica. Parliamo di un fenomeno partito dagli anni novanta dello scorso secolo, che ha però mostrato una grande molteplicità creativa in ormai quasi un terzo di secolo di esistenza letteraria. In tal senso viene riccamente presentato questo ambito della letteratura italiana contemporanea, in continua evoluzione e molto connesso con le trasformazioni che la società italiana sta vivendo negli ultimi decenni, da quando cioè l’Italia è diventata anche Paese di immigrazione grazie alla sua posizione nel cuore del Mediterraneo. Nel libro si approfondisce il fenomeno che collega la letteratura italiana contemporanea all’attualità del fenomeno migratorio nell’Italia di oggi, con uno sguardo anche all’Italia di ieri.
Il saggio è molto interessante non solo per l’analisi letteraria e tematica che egregiamente affronta, ma anche per l’esame della visione d’insieme sulla società italiana contemporanea che ci viene fornita dagli autori di origine non italiana. Visione esterna ma anche interna, visione globale ma anche particolare, attraverso una lente di ingrandimento letteraria, mutuata dagli sguardi «altri» di questi autori: Traiettorie di sguardi, parafrasando il titolo dello studio di Geneviève Makaping (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001), esterne ma al contempo anche interne, arricchiti da una pluralità di esperienze, di lingue, di appartenenze.
Romeo offre una panoramica completa e attuale di autori e autrici, problematizzandone egregiamente le tematiche che tali testi affrontano, più precisamente lingua, identità e ruolo letterario. Questi testi ci danno la possibilità unica di ascoltare il punto di vista dalla viva voce dei protagonisti della diaspora migratoria, di leggere cioè la loro prospettiva sulla nostra società, di guardarci allo specchio: davvero un’opportunità unica per la creazione di una sensibilità particolare e di una società più giusta.
Il volume è ben articolato: nel primo capitolo si offre una visione sia diacronica – con un’ampia panoramica sulle tre fasi, ormai divenute canoniche, della letteratura italofona transculturale, di cui il postcoloniale rappresenta una parte imprescindibile – che sincronica, analizzandone le intersezioni con la letteratura italiana tout court. Più precisamente la questione di genere viene approfondita nel secondo capitolo, che si sofferma in particolare su come le scrittrici postcoloniali abbiano creato narrazioni oppositive rispetto alla visione tradizionale del corpo fortemente sessualizzato della «venere nera», le cui rappresentazioni di genere di stampo coloniale sono ancora saldamente radicate nell’immaginario collettivo.
Centrale risulta il terzo capitolo, relativo al genere e alle questioni relative alla norma cromatica, con le questioni di razza, nerezza, visibilità, italianità e cittadinanza. Rispetto ad altri testi relativi allo stesso tema, questo di Romeo confronta le produzioni postcoloniali con le contronarrazioni di autori italiani con ambientazione coloniale, a partire da Ennio Flaiano fino a Carlo Lucarelli e soprattutto Wu Ming 2 con Timira, romanzo meticcio (Torino, Einaudi, 2012, scritto con Antar Mohamed). E questa è senza dubbio una delle novità più rilevanti della monografia. Nella parte finale di questo capitolo si mette a confronto la produzione di scrittrici afroitaliane con quella di scrittrici italoamericane con ascendenza africana, come Kym Ragusa, la cui autobiografia – The Skin between Us (New York, Norton, 2006) – è stata egregiamente tradotta in italiano proprio da Romeo e Clara Antonucci con il titolo La pelle che ci separa (Roma, Nutrimenti, 2008). In questo capitolo viene inoltre offerta una visione completa e attuale delle narrazioni di autori e autrici migranti che prendono in esame il modo in cui il colore della propria pelle è stato percepito in Italia, anche a partire dai rappresentanti delle seconde generazioni, che nel 2017 si sono ampiamente mobilitati a favore di una legge sullo ius soli.
Il quarto capitolo affronta la tematica dei «(Ri)posizionamenti», ovvero «Geografie della diaspora e nuove mappature urbane», partendo proprio dall’esperienza di Ragusa e ampliandola con l’analisi del modo in cui questi paesaggi influenzano profondamente i processi di costituzione identitaria dei soggetti che occupano tale spazi, soprattutto nell’ambito delle seconde generazioni, sviluppando al contempo estetiche transnazionali che si sono decisamente radicate nel contesto da cui si evolvono.
A conclusione della monografia Romeo puntualizza come i testi degli autori da lei ampiamente analizzati mettano in discussione il concetto stesso di letteratura nazionale e i suoi limiti oggettivi ristretti al canone tradizionale, in quanto creano «una letteratura a estetiche post nazionali, proponendo in tal modo una visione non soltanto culturale, ma anche politica, sociale e spaziale che sia in grado di fronteggiare le sfide del presente» (p. 144).
Il testo è corredato da una bibliografia molto ampia e completa che racchiude la letteratura pubblicata finora, fornendo così un ricco strumento di lavoro per chi intende approcciarsi per la prima volta all’affascinante tema della letteratura italiana postcoloniale.
Simonetta Puleio (Universität Stuttgart)