Il volume di Vendrame è frutto di un lavoro di ricerca che, in prima battuta, ha dato origine a una tesi di dottorato – Ares de vingança: redes sociais, honra familiar e práticas de justiça entre os imigrantes italianos no sul do Brasil (1878-1910) –, che è stata discussa dall’autrice presso la Pontifícia Universidade Católica do Rio Grande do Sul nel 2013, e poi, dopo una attenta rielaborazione, diventa libro ed esce prima in lingua originale (portoghese) nel 2016 con un titolo lievemente modificato – O poder na aldeia. Redes sociais, honra familiare práticas de justiça entre os camponeses italianos (Brasil-Itália) –, e poi, nel 2020, in traduzione inglese.
Il volume è suddiviso in sette capitoli, che si articolano a loro volta in due sezioni contigue ed è arricchito, come è consuetudine nelle tesi di mestrado e doutorado, di mappe e tabelle che aiutano il lettore a collocare geograficamente le vicende narrate e ad approfondire alcuni dati d’archivio che non possono essere inseriti nel testo se non al prezzo di appesantire inutilmente la lettura.
I primi cinque capitoli sono dedicati alla minuziosa ricostruzione e analisi di un avvenimento criminoso accaduto tra la fine di dicembre 1898 e i primi giorni del 1900 a Silveira Martins, piccola colonia di immigrati italiani nel sud del Brasile: l’agguato e l’omicidio del parroco di origini venete Antonio Sorio, quindi la ricerca, irrisolta a causa del regime di omertà in cui era immersa la colonia, delle ragioni e dei responsabili del delitto. Ricostruzione e analisi vengono realizzate scandagliando la vita del parroco nei minimi dettagli (le origini familiari, il contesto in cui matura la decisione di emigrare, l’attività politica e religiosa svolta nella colonia) e mettono in rilievo sia la costruzione e il consolidamento della sua leadership all’interno della piccola comunità di Silveira Martins, sia piste che tracciano le ipotesi di reato («delitto d’onore» o crimine legato agli ambienti della massoneria), sia la storia, il contesto e le ragioni per le quali matura la costituzione di questa colonia. Gli ultimi due capitoli, in continuità con la prima parte, sono invece dedicati all’esame di altri episodi di violenza verificatisi nella regione di Rio Grande do Sul (alcuni all’interno della medesima colonia di Silveira Martin, altri all’interno della regione di Caixas do Sul): la misteriosa morte di padre Vitor Arnoffi avvenuta nel 1884, la «deflorazione» di una giovane da parte del «guaritore» Andrea Viero nel 1901, l’inquietante vicenda del contadino Camilo L., condannato all’inizio del 1900 per abusi sulle figlie e numerosi casi di violenza su giovani donne, ma anche l’assassinio, nel contesto di una faida familiare, di un agricoltore immigrato accusato di calunnia.
Il volume – come opportunamente evidenziato nella «Prefazione» di Giovanni Levi – si colloca perfettamente nel solco delle numerose analisi storiografiche sulle comunità di immigrati italiani che hanno colonizzato il sud del Brasile tra la fine del xix e l’inizio del xx secolo e, nel farlo, ne prende le distanze. Vendrame, infatti, rifiuta le analisi che hanno presentato queste comunità come società culturalmente omogenee, soggette al potere statale e geograficamente immobili, e mette invece in risalto la realtà multiforme di queste colonie, che si rivelano, a una attenta analisi, attraversate e permeate da tensioni, forme di solidarietà e iniziative autonome «legate a precise logiche che orientavano la condotta individuale e collettiva» (pp. 1-2). Una lettura alla quale Vendrame è potuta arrivare applicando il metodo microstorico allo studio della migrazione italiana in Brasile. L’autrice, infatti, lasciando in secondo piano la periodizzazione tradizionale, utilizzando e facendo dialogare fonti di diversa natura (periodici, carte di polizia, atti di processi, registri anagrafici, scritti privati, testimonianze), inoltre mettendo al centro esistenze marginali e vicende periferiche, ha proceduto alla minuziosa ricostruzione delle dinamiche che stavano alla base di alcuni episodi violenti riconducibili a questioni di onore familiare e comunitario che, analizzate con sapienza, mostrano come funzionavano i meccanismi di controllo sociale in queste comunità rurali nelle quali lo Stato non arrivava: qui «la vita privata degli immigrati era costantemente sotto sorveglianza e le chiacchiere diventavano una forma di controllo sociale», così che il pettegolezzo finiva per costituire «un canale autonomo di giudizio e di dominio messi in pratica dalle famiglie e dai soggetti di queste comunità» (p. 155).
Quello di Vendrame non è l’unico studio che tenta di applicare una lente di ingrandimento sulle comunità di immigrati italiani in Brasile. Tra i vari mi limito a citare le analisi di Isabelle Felici sulla Colonia Cecilia fondata da Giovanni Rossi tra 1890 e 1894 presso nel Paraná (La Cecilia. Histoire d’une communauté anarchiste et de son fondateur Giovanni Rossi, Lyon, acl, 2001) e quelle di Claudia Feierabend Baeta Leal sul controllo degli immigrati considerati sovversivi da parte della polizia («De primos, cunhados e “anarquistas perigosos”: repressão e imigrantes italianos (São Paulo, 1893)», Cadernos ael, xv, 27, 2009, pp. 63-118). Tuttavia, rispetto a questi, il lavoro di Vendrame si segnala, oltre che per diversi meriti, per una sicura novità: uno sforzo interpretativo che, attraverso il metodo microstorico, ha portato alla realizzazione, forse per la prima volta, di una storia culturale delle colonie di migranti italiani costituitesi in Brasile tra xix e xx secolo.
Elena Bignami