Il titolo del volume di Paolo Barcella e Valerio Furneri racchiude gli itinerari di vita di Leonardo Zanier: migrante, sindacalista e poeta. Queste «due anime – sindacalista e poeta – sono complementari e, si potrebbe anche dire, inscindibili» afferma Furneri (p. 111). Anche la monografia, risultato di ricerche accurate e puntuali grazie alla consultazione dell’archivio di Zanier, presenta un duplice impianto: nella prima parte Barcella ricostruisce il suo percorso biografico; nella seconda Furneri affronta la sua produzione poetica e letteraria.
Il «comunista eterodosso friulano» (p. 175) Zanier nasce a Maranzanis, frazione di Comeglians, in Carnia nel 1935. Da figlio e nipote di emigranti condivide con i compaesani un passato comune e una varietà della lingua friulana, il carnico, che sceglie per le sue liriche più intense.
Rimpatriato nel 1955 dopo aver lavorato in Marocco, appena diciannovenne dirige una scuola professionale istituita lo stesso anno da un consorzio di comuni della Carnia: la formazione impartita doveva rispondere alle esigenze dei mercati del lavoro dell’Europa centro-settentrionale. Nel 1957 si trasferisce a Zurigo ed entra a far parte della Federazione delle colonie libere italiane in Svizzera (fclis), uno dei principali sodalizi degli italiani della Confederazione.
Qui Zanier si divide tra lavoro (progettazione, calcolo di impianti e strutture industriali in cemento armato) e vita privata, «senza porre in modo esplicito al centro della propria riflessione la condizione degli immigrati» (p. 54), molti dei quali erano stagionali. Il contatto con la comunità italiana passa soprattutto attraverso la frequentazione del mondo associativo friulano: è bene precisare (nel volume non emerge con chiarezza) che nel secondo dopoguerra, la Svizzera rappresenta di gran lunga la prima destinazione migratoria dei friulani.
Zanier assume l’incarico di responsabile culturale della fclis nel 1964, mentre cresce l’attenzione per la formazione professionale dei migranti e per l’inserimento scolastico dei loro figli, in un paese come la Svizzera con una politica migratoria volta all’alta rotazione dei lavoratori stranieri e al contenimento della presenza dei loro figli in età scolare. Nel 1970 Zanier è coordinatore responsabile della prima sede dell’Ente Confederale Avviamento Professionale (ecap, l’organismo di formazione della cgil) a Zurigo e l’anno successivo diventa presidente della fclis, assommando per qualche anno la responsabilità organizzativa della rete associativa e dell’ente di formazione. Per il suo ruolo, Zanier è sorvegliato dalla polizia svizzera che monitora presunti sovversivi e individui potenzialmente pericolosi per la sicurezza nazionale, circa un milione di persone, per due terzi immigrati, su sei milioni di abitanti.
Nel 1975, la direzione nazionale della cgil, consapevole della sua notorietà, propone a Zanier di trasferirsi a Roma per assumere il ruolo di responsabile dell’ufficio studi, formazione e ricerche dell’ecap nazionale. Tra gli anni settanta e ottanta, Zanier è segretario nazionale dell’ecap e poi funzionario del coopsind (organismo promosso dalla cgil e dalla Lega Nazionale delle Cooperative), ma il devastante terremoto friulano del 1976 lo riporta spesso nella sua terra. In questo periodo studia come recuperare e valorizzare le zone socio-economiche depresse come la Carnia e quelle colpite dal sisma. Tali riflessioni si risolvono, da una parte, nella figura degli «agenti di sviluppo» e, dall’altra, nella formulazione dei «migranti come risorsa», in un contesto di scambio e circolazione di capitali e persone tra le aree di destinazione e di partenza in cui gli emigranti potevano diventare strumenti di progresso economico. Un risultato concreto è l’avvio del progetto pilota di Comeglians per la costituzione dell’«albergo diffuso» che, mediante il recupero delle case e delle stalle in disuso di proprietà di emigrati, intendeva rivitalizzare economicamente la comunità attraverso un modello di turismo rurale, montano ed ecologico. Ma «alla vivacità delle intuizioni e all’originalità dell’elaborazione teorica non fece seguito una concretizzazione di progetti all’altezza delle aspettative» (p. 95). Sarebbe interessante capire se tale esito dipese anche da «un tratto caratteriale per qualche verso anarchico, individualista spontaneo» (p. 39) di Zanier. Deluso dai limitati risultati concreti di queste riflessioni teoriche, rientra in Svizzera, dove muore nel 2017.
Le tematiche socio-politiche oggetto del lavoro teorico e pratico di Zanier si ritrovano nella sua produzione poetica e letteraria. Un argomento e uno strumento catturano la sua attenzione: l’emigrazione e la poesia nella varietà carnica. Il volume di poesie Libers… di scugnî lâ / Liberi di dover partire (1964) costituisce «la prima e più importante raccolta» (p. 179) di Zanier, che nell’emigrazione dei carnici racchiude l’universalità del fenomeno. Fa bene Furneri a ravvedere nel racconto dei migranti ritratti nel testo «la libertà di provare ad essere, in qualche misura, artefici del proprio destino», (p. 121) in contrapposizione alla retorica rassegnazione, autocommiserazione e pietismo che spesso pervadeva (allora come oggi) l’approccio dell’associazionismo e quello «ufficiale» friulano, incentrato sulla costrizione all’emigrazione. Zanier recupera, inoltre, «un tema molto spesso trascurato, ancora oggi, quando si parla di emigrazione: la dimensione individuale» (p. 145). In effetti, si emigra per migliorare le proprie condizioni di vita e non necessariamente per sfuggire alla miseria, perché spesso la povertà nega strumenti e orizzonti necessari alla partenza.
Il volume, che ha il pregio di presentare Zanier a un pubblico vasto, si chiude con un utile elenco delle principali opere e studi del sindacalista e poeta di Comeglians.
Javier P. Grossutti