La monografia di Laura Fotia, rielaborazione della sua tesi di dottorato, da un lato rende più di quel promette. Non contiene, infatti, solo un’accurata ricostruzione delle tappe che portarono il governo di Benito Mussolini a ideare e realizzare la crociera della nave Italia, partita dal porto di La Spezia il 18 febbraio 1924 con l’obiettivo di promuovere in America Latina i prodotti industriali, artigianali e artistici italiani: inquadra altresì il progetto in una prospettiva di più lungo periodo, analizzandone i prodromi e l’impatto.
D’altro canto, però, proprio rispetto a quest’ultimo aspetto, il libro non esplora forse in tutte le sue implicazioni il significato dell’operazione che, come la stessa autrice segnala, non fu solo un’operazione di politica e/o diplomazia culturale ma ebbe anche, se non in prima istanza, il carattere di esposizione commerciale e industriale viaggiante, finalizzata a conquistare nuovi mercati per le esportazioni italiane. In tale ambito, la crociera si collegava a idee e iniziative precedenti e successive: basti pensare, per esempio, per quanto concerne le prime, al volume che Luigi Einaudi dedicò alla figura-modello di Enrico Dell’Acqua (Un principe mercante, Torino, Bocca, 1900) e, per le seconde, alla creazione, nel 1926, dell’Istituto nazionale per il Commercio estero, su impulso di Alberto Pirelli, che non a caso era stato uno dei primi industriali italiani ad aprire una rappresentanza commerciale in Sud America, a Buenos Aires (affidandola a quel Vittorio Valdani che proprio nel 1924 ricostruì il Fascio della capitale e divenne il capo riconosciuto del movimento fascista tra gli emigrati in Argentina, intrecciando politica e affari, anche qui forse non per mera combinazione).
Il libro è suddiviso in cinque capitoli. Il primo inquadra lo studio nelle prospettive storiografiche più aggiornate con grande acribia. Anche se, come giustamente Fotia nota nell’«Introduzione», agli storici compete soprattutto studiare i fenomeni, mentre conviene lasciare agli scienziati sociali l’onore e l’onere di ricavarne formule o modelli, circa un quinto del testo è dedicato di fatto a un’approfondita disamina della costruzione e dell’impiego delle diverse nozioni (il termine concetto, cui pure l’autrice fa ricorso, sarebbe, preferibilmente, da evitare, dopo che la storia dei concetti è diventata un assai complesso campo di ricerca a sé stante) di «politica culturale» e «diplomazia culturale», nelle scienze sociali, e in primis nella storia delle relazioni internazionali, e alle sfumature dei loro significati, nonché al loro rapporto con l’altra nozione collegata, quella di propaganda, più frequentemente utilizzata dagli storici sino ad anni recenti.
Il secondo capitolo si concentra sugli antecedenti immediati della crociera, analizzando per un verso le relazioni dell’Italia con l’America Latina e per l’altro i modi e le forme in cui prima e dopo il conflitto mondiale l’Italia aveva lavorato per estendere la sua politica culturale, in chiave sia di rafforzamento del proprio prestigio internazionale, sia della riconquista degli emigrati, che come avevano denunciato a più riprese durante la Belle Époque i vari esponenti nazionalisti in viaggio nella regione, prendendo ad esempio l’Argentina, da Enrico Corradini a Giuseppe Bevione (ma già prima di loro Luigi Barzini), rischiavano di essere «perduti» per la madrepatria.
Al centro del lavoro (terzo e quarto capitolo) si colloca la ricostruzione dello svolgimento della crociera della nave Italia, su cui, come non manca di sottolineare la stessa Fotia, esistevano già alcuni studi, ma che è qui approfondita e affrontata in una prospettiva di maggiore respiro, che considera uno spettro di fonti più vasto e in parte inesplorato. Emergono chiaramente sia le novità rispetto all’Italia liberale, date dalle caratteristiche dell’operazione (politica, culturale e commerciale al tempo stesso) e dalle dimensioni dell’impresa, condotta in grande stile e con notevole impiego di mezzi; sia le continuità, in particolare la stessa scelta di un un’area geografica che da decenni un pezzo di classe dirigente, liberale soprattutto, indicava come quella di maggior potenziale politico ed economico, per l’insediamento di milioni emigrati. Non va dimenticato che in ragione di questa presenza Cristoforo Negri, prossimo a diventare presidente della Società geografica italiana, già nel 1864 aveva vagheggiato che l’Argentina potesse trasformarsi in un’«Australia italiana».
Ma emerse altrettanto nettamente – e fu assai lucidamente segnalato, per esempio, come evidenzia Fotia, nelle pagine del «Corriere della Sera» non ancora fascistizzato – quello che sarebbe stato il nodo irrisolto per tutto il ventennio della politica fascista, all’estero e soprattutto nelle Americhe: la difficoltà di far coesistere le esigenze di una politica di Stato e quelle di una politica di partito, che inevitabilmente finiva per urtare le sensibilità dei governi locali.
Al riguardo il volume è ricchissimo di notazioni e anche di spunti per future nuove ricerche, che potranno confrontarsi più ampiamente con la ricezione oltreoceano della crociera. Infatti, qui la prospettiva rimane soprattutto quella italiana, e in parte quella argentina, come non poteva non essere: sarebbe ingeneroso pretendere che l’autrice fosse andata a scavare anche negli archivi di tutti i Paesi raggiunti dalla nave Italia, dopo avere sfruttato con perizia quelli di alcuni dei maggiori centri di ricerca sull’America Latina esistenti in Europa e negli Stati Uniti.
Insomma, un pregevole lavoro che accresce le nostre conoscenze su alcuni nodi della politica estera fascista, anche nei suoi rapporti con gli emigranti italiani, e nel farlo rivela sfaccettature e complessità che troppo spesso sfuggono alle storiografie sbrigative.
Federica Bertagna