Dal 1876 allo scoppio della grande guerra il Friuli rappresenta la principale fonte di emigrazione temporanea in tutto il contesto italiano. Le destinazioni continentali sono soprattutto quelle del bacino danubiano, ma anche la Svizzera e la penisola balcanica, aree con le quali soprattutto le popolazioni alpine friulane hanno creato rapporti di complementarietà lavorativa o, come li definisce Klaus J. Bade, circuiti migratori che «univano una serie di aree di partenza a grandi aree di destinazione». Nel caso specifico del Friuli, Bade segnala il sud e il nord della Germania, il distretto della Ruhr, l’Austria e la Svizzera (L’Europa in movimento. Le migrazioni dal Settecento a oggi, Roma-Bari, Laterza, 2001, p. 103). Tali percorsi sono possibili sostanzialmente perché la manodopera può spostarsi liberamente su scala transnazionale a corto e lungo raggio. Per la maggioranza dei muratori, scalpellini, stuccatori, gessini e in genere edili specializzati della montagna, della pedemontana e successivamente anche delle altre zone del Friuli, il lavoro stagionale nei cantieri dell’Europa centrale diventa una strategia di vita. A uno di loro, il muratore Michele Menegon, emigrante stagionale della Carnia al di là delle Alpi, è dedicato il volume bilingue qui recensito.
Michele nasce nel borgo di Amaro, il 21 novembre 1889, da Maria Mainardis e dal muratore e capomastro Vigilio Menegon. Impara i primi rudimenti dell’edilizia poco più che bambino assieme al padre, emigrante stagionale nell’Impero Austro-Ungarico. Nel 1904, a quasi quindici anni, Michele inizia a frequentare i corsi invernali triennali della Scuola Imperial Regia (K. K. Staats-Handwerkschule) di Klagenfurt, in Carinzia. Nel 1907, ottiene il titolo di Maurer-Geselle (artigiano muratore). I piani di studio prevedono una parte teorica, che si svolge a Klagenfurt dai mesi di novembre a marzo, e un tirocinio di apprendistato in cantiere da aprile a ottobre. Durante le stagioni estive del 1904, 1905 e 1906, Michele infatti è apprendista a Zell am See, nel Salisburghese, sotto la direzione del Baumeister (mastro costruttore) Jacob Menis, friulano di Artegna. Da aprile del 1907 a dicembre del 1908 Michele completa il praticantato di polier (capocantiere) nei cantieri del Maurermeister (mastro muratore) Amadeo Marchetti di Gemona del Friuli. Tra 1907 e 1908, infine, Michele frequenta anche dei corsi di specializzazione teorici e pratici per poter conseguire, dopo l’esame di stato, il titolo di Maurermeister.
Diplomatosi Maurermeister, da marzo a dicembre 1909 Michele lavora a Kitzbühel in qualità di Polier e di disegnatore alle dipendenze del Maurermaister friulano Franz Santarossa, mentre da marzo a ottobre 1910 è impegnato sempre come Polier a Spittal con Johann Vidoni, impresario d’origine friulana di Villaco. Il ripetersi degli impresari friulani non è affatto casuale se si pensa che nei primi anni del Novecento gli imprenditori edili del Friuli che operano oltralpe sono circa 2000, a riprova di un’emigrazione di formazione e qualità elevati. Nell’aprile del 1911 Michele è nel distretto di Kežmarok, nella regione di Prešov (attuale Slovacchia) dove lavora per l’impresario edile Roberto Not di Moggio Udinese. Fino allo scoppio della grande guerra, Michele si trattiene nella rinomata area termale di Leibicz, dove ha fissato la residenza e dove lavora come capo cantiere e muratore. Tra 1914 e 1915 rientrano precipitosamente in Italia circa 85.000 lavoratori friulani che operano nelle cosiddette «Germanie»: ancora prima di iniziare, la guerra rappresenta una vera sciagura per le famiglie del Friuli, che potevano vantare saldi rapporti professionali con le popolazioni d’oltralpe. Arruolato nell’esercito italiano con il grado di sergente maggiore nel novembre del 1914, Michele è destinato alla costruzione di trincee, camminamenti, alloggiamenti per truppe e piazzole per cannoni sempre in prima linea. Ritornato nel borgo nativo dopo quattro anni, riceve numerosi incarichi di consulenza e direzione di lavori dalla Cooperativa di Amaro impegnata nella ricostruzione. La carenza di occupazione, la situazione politica successiva al 1922 e l’ostracismo dovuto al suo impegno come assessore socialista nell’amministrazione comunale, costringono Michele a emigrare di nuovo: con la moglie e la figlia parte questa volta per la Francia che, tra le due guerre, sostituisce l’Europa centrale come principale approdo dei friulani. Rimpatria alla fine del 1938 e, dopo un periodo di lavoro in Albania e a Roma, è impegnato nella costruzione del nuovo centro per la produzione di cellulosa di Torviscosa. Muore nel marzo del 1957, alcuni anni dopo di pensionamento.
La vicenda di Michele Menegon, per quanto comune a tanti altri carnici e friulani, denota anche una certa eccezionalità che deriva dal ruolo centrale che i genitori danno all’istruzione nella formazione personale e professionale del figlio: una scuola che prevede «l’alternanza di lavoro e studio, di teoria e pratica, di “fare” e “pensare”» segnala Nadia Mazzer nell’introduzione (p. 11) e che rappresenta la via più concreta al riscatto economico e sociale. Le circa cento tavole disegnate a china e acquerellate, realizzate da Michele durante il percorso formativo in Carinzia, presentate e commentate dall’architetto Guglielmo Dri, completano il volume promosso e sostenuto integralmente (e meritevolmente) da Maria Grazia Menegon, nipote di Michele.
Javier P. Grossutti