La Sicilia è stata l’ultima regione italiana a partecipare al grande esodo migratorio di fine Ottocento, ma attualmente è la regione con il maggior numero di emigrati all’estero. Assieme a quella calabrese, l’emigrazione siciliana è quella più studiata e soprattutto è quella che più ha colpito l’immaginazione mediatica e popolare. Nell’ultimo trentennio, essa è stata raccontata da decine di testimonianze letterarie e cinematografiche ed è stata oggetto di una corposa ed eterogenea produzione scientifica. Come osserva Matteo Sanfilippo («L’emigrazione siciliana», Archivio Storico dell’Emigrazione Italiana, iii, 2007, pp. 79-95), la discussione si è soprattutto concentrata sui caratteri «antropologici» delle comunità all’estero, su come i siciliani si siano adattati ai luoghi di accoglienza, su come abbiano reagito a rifiuti e segregazione e su come abbiano talvolta scelto l’illegalità per affermare il proprio diritto a esistere. Allo stesso tempo, si è cercato di capire quali effetti, a livello economico, sociale e psicologico, l’incontro con le Americhe abbia avuto nelle comunità emigrate e persino in quelle di partenza. A metà strada tra memorialistica e ricerca, credo si debba collocare la raccolta di saggi che Salvatore Ferlita e Maurizio Piscopo hanno curato spinti, come ha affermato in seguito il primo, da «una duplice necessità: quella della valorizzazione culturale di una parte della nostra storia, ma anche di un’attualizzazione della stessa in ragione degli sbarchi che sono cronaca e anche attualità» (Sicilian Journal, 11 aprile 2016). Il volume è per questo dedicato a papa Francesco, «figlio e profeta dei migranti» (p. 5).
Privo di un preciso ordine cronologico o tematico, Merica, Merica intende essere un «mosaico di voci, suoni e immagini che compendiano il lungo viaggio intrapreso dagli emigranti» (p. 131). Pur nella brevità dello spazio concesso a ogni saggio, il libro tratta tutti gli aspetti del fenomeno migratorio: dalle condizioni economiche e sociali in Sicilia che fanno da sfondo alla decisione di partire, al viaggio per mare, alle difficoltà, ai fallimenti, all’adattamento e all’affermazione nel Nuovo Mondo – in particolare negli Stati Uniti, per lungo tempo il paese preferito dagli emigranti isolani – ai solidi e mai interrotti legami con le comunità di origine, alla rappresentazione che dell’emigrazione e degli emigranti hanno dato scrittori, poeti e registi italiani e americani.
Gli studiosi coinvolti nel progetto dimostrano una buona conoscenza della bibliografia di riferimento, alla quale uniscono ricordi ed esperienze personali e professionali (ad esempio, il medico che scrive sulle condizioni sanitarie nelle traversate oceaniche, il regista che tratta di cinema ed emigrazione o la giornalista che affronta la radio per gli emigranti). Il risultato è una commistione tra vicende note e altre più originali, tra personaggi famosi, non solo siciliani, e gente comune che, in modo diretto o per via riflessa, hanno vissuto l’esperienza dell’emigrazione, un fatto che, per citare una pièce teatrale di Maria Messina, per molti diventa un «tarlo che rode una malattia che s’attacca» (p. 42).
Il saggio di apertura è dedicato a Frank Sinatra, secondo Gay Talese il «primo italiano d’America di cui andare orgogliosi» (p. 10), e sposa l’ipotesi della provenienza della famiglia di The Voice da Lercara Friddi, piccolo centro in provincia di Palermo (Francesco Meli). Gli argomenti degli altri capitoli sono: Frank Capra, definito «uomo senza ombra» (p. 19) per il totale azzeramento, almeno apparente, della memoria precedente al viaggio sull’oceano (Marcello Benfante); una ricognizione sul cinema che, nato nello stesso periodo in cui l’emigrazione italiana diventava di massa, ha spesso trattato questo argomento (Toni Trupia) e sulla letteratura siciliana che, da Luigi Pirandello alle pagine autobiografiche di Tommaso Bordonaro e Jerre Mangione, ha offerto «un trepidante spaccato di vita, in bilico tra verità e immaginazione» (p. 48) riguardo al tema dell’emigrazione (Salvatore Ferlita); il ponte con gli italiani all’estero creato dalla radio, dalle prime trasmissioni in onde corte negli anni trenta alle moderne web radio (Silvana Polizzi); il fenomeno, ancora di attualità, della criminalità organizzata di origine italiana negli Stati Uniti e le gravi ripercussioni economiche, sociali e di immagine sull’intera collettività immigrata (Roberto Tripodi); la traversata oceanica che, per le speculazioni delle compagnie di navigazione e la mancanza, specie nel primo periodo, di un’efficace tutela, si trasformava in un incubo per gli emigranti (Alessandro Russo); l’opera di assistenza della Chiesa e il forte attaccamento degli emigranti alla fede popolare e tradizionale, anche «nello scompiglio della partenza dolorosa» (p. 99) (Luigi Sferrazza); la storia privata ma emblematica di uno «zio d’America», che a Brooklyn ha fatto fortuna (Gaetano Pennino); il lavoro, tra mestiere e arte, degli emigranti siciliani nelle costruzioni e nelle murature in pietra (Claudio Paterna); l’impressione che il racconto delle meraviglie dell’America suscita in un bambino di un paese dell’interno: «L’acqua a Favara non veniva mai, anzi la davano una volta al mese, mentre in America c’era sempre!» (p. 144) (Maurizio Piscopo).
Al volume sono allegati un cd di canti sull’emigrazione della Compagnia di canto popolare favarese (curato da Maurizio Piscopo e Giuseppe Calabrese, con la collaborazione del cantastorie Nonò Salamone) e un album di fotografie inedite di Giovanni Moroni e Angelo Pitrone. Questo libro fa parte di una tetralogia sulla Sicilia, avviata con Musica dai saloni: suoni e memorie dai barbieri di Sicilia (Palermo, Nuova Ipsa, 2009) e che si concluderà con I carusi di solfatare e Quando i bambini giocavano in mezzo alle strade della Sicilia.
Sebastiano Marco Cicciò