Mi fa molto piacere corrispondere alla richiesta di Maddalena Tirabassi di inviare il mio contributo in occasione del 50° numero di Altreitalie.
Con la scelta della Fondazione Agnelli, nel 2009, di trasferire il Centro Altreitalie a Globus et Locus, ha preso infatti avvio una proficua collaborazione, che vede il Centro Altreitalie dare il suo apporto al lavoro di Globus et Locus per l’approfondimento delle problematiche legate alla transizione da un mondo internazionale a uno globale e in particolare per lo studio sul passaggio dalla categoria delle migrazioni a quella delle nuove mobilità.
Si tratta di un tema, quest’ultimo, che Globus et Locus considera centrale. La mobilità, infatti, come ho avuto modo di dire anche nella prefazione della recente ricerca del Centro Altreitalie, La meglio Italia, è il fattore preponderante di un fenomeno globale prodotto dai mutamenti strutturali che i processi di globalizzazione e glocalizzazione hanno determinato e determinano nella vita sociale, nella politica e nelle istituzioni. Oggi, un numero crescente di persone, soprattutto giovani, si muove per il mondo alla ricerca di sapere, lavoro, esperienze, producendo nuove forme di identità e nuove modalità di aggregazione. I protagonisti delle mobilità del mondo glocal comunicano e fanno rete con modalità nuove e spesso virtuali, come dimostrano le numerose comunità di expats (o forse sarebbe il caso di dire «glomigrants», ovvero migranti glocali, secondo una felice definizione proposta nella ricerca del Centro Altreitalie) presenti nel mondo.
Alla luce di questi mutamenti in atto, tanto più urgente appare proporre nuove categorie interpretative, che consentano di assegnare all’emigrazione un significato nuovo: da diaspora, essa diventa il processo che permette di porre le basi per nuovi sistemi di aggregazione e, in futuro, probabilmente anche di forme di organizzazione politica.
Con la glocalizzazione, infatti, sono entrati in crisi i tradizionali rapporti fra identità, cittadinanza, appartenenza, ma anche rappresentanza. Proprio a causa della crescente mobilità delle persone, i territori si sono popolati in modo sempre più differenziato e molteplice, in senso non solo multietnico e multiculturale, ma anche funzionale. In questo contesto, la tradizionale ideologia nazionale di una rappresentanza esclusiva ed escludente appare ormai inadeguata ed emerge la necessità di pensare a una nuova pluralità di forme e modi di rappresentanza. È un processo, come i dati empirici testimoniano, in qualche misura in corso già oggi, quando una stessa persona, grazie alla doppia cittadinanza, può esprimere i propri rappresentanti, tanto nel Paese in cui risiede, quanto in quello da cui proviene, o quando questa stessa persona opera in reti funzionali transnazionali nelle quali finisce per identificarsi spesso con maggiore intensità di partecipazione rispetto alla sua stessa appartenenza nazionale.
L’analisi e l’approfondimento concettuale di queste problematiche, condotta anche grazie all’apporto di carattere scientifico del Centro Altreitalie, è fondamentale per il lavoro che Globus et Locus sta portando avanti sulla presenza nel mondo degli italici, una dimensione culturale, antropologica e sociale della quale fanno parte gli italiani, ma anche i loro discendenti sparsi nel mondo, gli italofoni e gli italofili. Una world community della quale si stima possano fare parte oltre 250 milioni di persone. L’idea di identità e di «convivenza» alla base dell’italicità è profondamente diversa rispetto al concetto di «popolo» tradizionalmente inteso ed è fondata piuttosto sul valore della pluriidentità e dell’ibridazione come dimensione pervasiva e bidirezionale1. La nuova polis italica, postnazionale e transnazionale, può realizzarsi in misura crescente attraverso l’appartenenza a comunità funzionali (professionali, imprenditoriali, culturali, scientifiche, religiose e così via.), che contribuiscono a determinare l’identità delle persone e che svolgono un ruolo essenziale anche per interconnettere fra loro gli stessi italici nei diversi luoghi dove essi risiedono.
La sfida, noi crediamo, è oggi quella di contribuire a configurare il «nuovo» soggetto organizzativo e politico, la nuova «polity», all’interno del quale, in un aggregato di popolo ben più ampio e sostanzialmente diverso da quello peninsulare, milioni di italici potrebbero trovarsi ad affrontare insieme il loro avvenire comunitario e politico in un mondo non più internazionale ma glocal.
È in questa nuova prospettiva che, a nostro parere, il lavoro di approfondimento culturale e scientifico del Centro Altreitalie può portare un contributo essenziale allo sviluppo di un discorso che – seppure dal punto di vista temporale è tale da trascenderci tutti – è importante costruire sin d’ora.
Per parte mia, quindi, non posso che ribadire la centralità di un asset come il Centro Altreitalie per Globus et Locus e augurare il miglior successo alla sua prestigiosa rivista Altreitalie.
Note
1 P. Bassetti, Svegliamoci Italici! Manifesto per un futuro glocal, Venezia, Marsilio, 2015