Tra le mete meno consuete e conosciute dell’emigrazione italiana va incluso sicuramente il Sudafrica, oggetto di una nuova monografia che va ad ampliare l’ormai più che abbondante produzione di scritti sul grande esodo nazionale tra Ottocento e Novecento. La lettura del libro di Valentina Iacoponi va consigliata dunque per approfondire vicende non troppo note alla stessa comunità scientifica. Nel volume si incontrano infatti i protagonisti di un’emigrazione del tutto minoritaria nel quadro dell’esodo di massa degli italiani ma non meno significativa sul piano economico e sociale. Il libro è interessante e di piacevole lettura anche per altri motivi e in primo luogo per la scrittura adottata dall’autrice per mettere insieme i tasselli di una ricerca condotta in modo davvero capillare sugli archivi pubblici sudafricani e italiani. Incrociando le informazioni tratte dallo spoglio di questi documenti, quelle ricavabili dalla scarsa letteratura esistente e dagli studi anglosassoni sulla storia del Sudafrica, l’autrice costruisce un tessuto narrativo davvero efficace non solo per disegnare una poco nota storia collettiva, ma anche per risalire alle vicende di singoli emigranti provenienti da varie parti dell’Italia. Queste storie – di sericoltori, pescatori, minatori, edili, impresari, ma anche di operaie di fabbrica, come le addette al dinamitificio Nobel giunte dalla piemontese Avigliana – sono calate nelle vicende tumultuose interne al colonialismo britannico, si intrecciano poi tragicamente (soprattutto negli anni della guerra anglo-boera) con la storia di quest’area, dei suoi feroci conflitti etnico-razziali e risentono infine, non meno drammaticamente, i contraccolpi dei ben noti limiti delle politiche dell’Italia a favore dei cittadini all’estero.
Avendo ben presenti i risultati raggiunti dalla storiografia sull’emigrazione italiana negli ultimi decenni, l’autrice restituisce un solido profilo storico nel quale sono leggibili sia le azioni pubbliche dello stato italiano sia le scelte private dei soggetti coinvolti. In tale disegno le traiettorie geografiche degli emigranti nel grande paese africano appaiono come i risultati di una complessa rete di relazioni sociali intessute in uno spazio situato molto al di sopra dello stretto ambito locale o nazionale del mercato del lavoro. Lettere, petizioni, richieste di indennizzo di singoli emigranti a varie istituzioni, assieme agli scritti di diplomatici e di osservatori italiani e sudafricani, rivelano percorsi individuali e familiari proiettati tra un continente e un altro già durante gli anni centrali dell’Ottocento. Conosciuti finora attraverso le corrispondenze private e i documenti autobiografici delle aree migratorie più approfondite dalla ricerca, questi itinerari prevedevano «disinvolti» passaggi dal Sudafrica al Sudamerica alle mete europee più attraenti, oppure il rientro in Italia prima dell’avvio di nuovi cicli di lavoro all’estero. Era, come documentano ora anche le tante testimonianze pubbliche raccolte in questo volume, il circuito precocemente transnazionale nel quale tecnici, commercianti, impresari, o semplici lavoratori, convogliarono le scelte maturate nell’ambito di una cultura della mobilità sedimentata in molte zone dell’Italia dove si registrava una lunga tradizione di pluriattività.
Paola Corti