Fremde Worte, parole straniere o estranee, è il titolo principale della pubblicazione di Roberto Sala che tratta il tema dei media per lavoratori stranieri, i cosiddetti «Gastarbeiter», nella Repubblica Federale Tedesca, in un contesto che spazia dalle politiche sociali alla politica internazionale. Il contributo analizza gli sviluppi politici legati ai media per migranti e si concentra in particolare sulle trasmissioni radiofoniche e il loro rapporto con le istituzioni, utilizzando come fonti principali gli archivi delle diverse stazioni radiofoniche, gli archivi delle reti televisive ard e zdf e i documenti dell’archivio politico del Ministero degli Esteri, presso l’archivio di Stato a Coblenza. Accanto alle fonti scritte, il libro si avvale di una serie di interviste condotte nella tradizione della Oral History, la metà delle quali ai collaboratori italiani della trasmissione italiana del Westdeutsche Rundfunk, oltre a una serie di lettere inviate dagli ascoltatori alla redazione.
Il lavoro è diviso in quattro parti: la prima si concentra sull’influenza della guerra fredda e la creazione delle trasmissioni per lavoratori stranieri; la seconda analizza il contrasto fra un sistema mediatico liberale e un sistema di controllo e di censura tipico di alcuni paesi di provenienza dei «Gastarbeiter»; la terza parte si occupa degli scopi o del tipo di interventi delle trasmissioni per migranti a livello di politiche sociali; l’ultimo capitolo, infine, presenta il caso di studio della trasmissione «Radio Colonia» del Westdeutsche Rundfunk.
L’autore affronta nella prima parte la politica tedesca d’informazione e propaganda, che condusse a partire dagli anni cinquanta alla fondazione della ard (Arbeitsgemeinschaft der öffentlich-rechtlichen Rundfunkanstalten), alla quale fece seguito la Deutsche Welle e il Deutschlandfunk. Se dopo l’esperienza del periodo nazionalsocialista alle stazioni radiofoniche doveva essere garantita un’autonomia da parte del Governo, per la costituzione del Deutschlandfunk ha giocato un ruolo non irrilevante la guerra fredda. Di fatto, si trattava di una risposta al Deutschlandsender della ddr che con scopi propagandistici ampliava la sua diffusione nella Germania Occidentale. Le stazioni radiofoniche dei Paesi dell’Est diffondevano accanto ai programmi in lingua nazionale anche trasmissioni in lingue straniere, che si potevano ricevere molto bene nella Repubblica federale. A causa di difficoltà a collegarsi con le stazioni del paese d’origine i «Gastarbeiter» iniziarono ad ascoltare queste trasmissioni che diffondevano non solo pezzi musicali popolari, ma anche informazioni per gli immigrati. Davanti alla crescente influenza comunista fra i lavoratori immigrati, il governo tedesco e gli industriali chiesero alle stazioni radiofoniche dei Länder di introdurre trasmissioni speciali in lingue straniere, cosa che avvenne agli inizi degli anni sessanta. In breve tempo tali trasmissioni e giornali in lingua straniera persero il loro carattere propagandistico a fronte della predominanza di messaggi con evidenti connotazioni sociopolitiche. Il passaggio da una politica di propaganda durante la guerra fredda a una politica di assistenza sociale è per Sala uno degli aspetti più significativi nella fase iniziale delle trasmissioni per «Gastarbeiter».
Nella seconda parte Sala espone i conflitti che ebbero le stazioni radiofoniche tedesche, dopo aver introdotto le trasmissioni in lingua madre per i «Gastarbeiter», con i paesi di provenienza degli immigrati, specialmente con i regimi autoritari di Spagna e Grecia, e in parte con la Turchia. A questo tema Sala dedica tre capitoli distinti per regione di provenienza degli immigrati. Proprio il Bayerische Rundfunk assunse il ruolo di portavoce contro le dittature e le trasmissioni per gli immigrati parteciparono attivamente alla «lotta democratica» specialmente contro il regime di Franco e la giunta militare in Grecia. Infatti il Bayerische Rundfunk, dopo una breve fase transitoria, diede ai collaboratori stranieri una maggiore autonomia, che portò all’inasprirsi delle contestazioni nei confronti dei diversi regimi. Faceva eccezione la redazione jugoslava, spaccata al suo interno da tensioni «etnico-nazionali» (ad esempio i contrasti tra serbi e croati) importate attraverso l’emigrazione anche in Europa Occidentale e in Germania.
Il Westdeutsche Rundfunk era invece caratterizzato da una politica, «fra adattamento e fierezza», pertanto le attività dei collaboratori stranieri rimasero – fino a metà degli anni settanta – sotto il severo controllo dei redattori tedeschi, per evitare che gli immigrati strumentalizzassero le trasmissioni, nel tentativo di denunciare la situazione politica dei loro paesi d’origine.
Nonostante l’Italia fosse uno stato democratico, Sala descrive, come anche la stazione radiofonica in lingua italiana non fosse immune da conflitti politici.
In seguito a incidenti di carattere diplomatico sorti per alcuni commenti dei redattori, il governo tedesco, al fine di tutelare le relazioni diplomatiche con l’Italia, pose sotto il controllo di autori tedeschi il contenuto delle trasmissioni, minando così in parte l’indipendenza delle stazioni radiofoniche.
Con la richiesta di avere più peso nell’ambito della redazione, e non essere solo dei traduttori e annunciatori dei giornalisti tedeschi, si scorge già da allora quella che è rimasta una questione importante riguardo l’inclusione degli immigrati, ovvero la questione della partecipazione e il divenire soggetti attivi all’interno della società tedesca. Infatti, nel 1969 diversi collaboratori italiani chiesero che fossero riconosciute le loro competenze in ambito redazionale e prese in considerazione le loro conoscenze dell’Italia e dei suoi problemi. L’autore sottolinea come la stessa espressione Gastarbeiterredaktion, utilizzata per identificare le redazioni in oggetto, rispecchiasse la posizione marginale che spettava ai collaboratori stranieri.
Con la politica della distensione, anche le redazioni straniere persero lo scopo iniziale di contenere l’influenza comunista fra gli immigrati. Il governo tedesco dagli anni settanta, oltre a prolungare le trasmissioni, promosse e dettò una linea caratterizzata da un marcato aspetto sociopolitico. In quest’ottica lo scopo in sé contraddittorio dei programmi radiotelevisivi, tipico della politica attuata nei confronti degli stranieri, era da una parte di contribuire all’integrazione sociale degli stranieri, e dall’altra di mantenere il legame con la patria di origine e così tener vivo il loro desiderio di tornare in patria. L’impronta quasi «padronale» delle trasmissioni, come racconta Sala, fu internamente criticata quale forma di «assistenza paternalistica». Dagli anni ottanta i responsabili tedeschi delle trasmissioni iniziarono a sostenere posizioni «multiculturali»: le trasmissioni avevano avuto lo scopo di aiutare le diverse «minoranze nazionali» a mantenere la loro «identità» e la loro «cultura», entrambe necessarie per una vita coronata dal successo in Germania.
Il quinto e ultimo capitolo, è dedicato a «Radio Colonia» una trasmissione per italiani. L’autore cita e riporta le informazioni raccolte attraverso le interviste condotte con i diversi redattori ed esperti, e l’analisi delle lettere alla redazione scritte dalla fine degli anni sessanta agli anni settanta. Sala descrive dettagliatamente i rapporti fra redazione tedesca e collaboratori italiani, caratterizzati non solo da controversie riguardo la linea e l’assetto della trasmissione, ma anche da questioni di scala gerarchica all’interno della redazione. All’inizio per via della loro scarsa conoscenza dell’italiano, i redattori tedeschi erano costretti a lasciare ampi spazi ai collaboratori italiani, pretendendo però che fossero osservate le loro direttive e accettate le notizie da loro preparate. Proprio nel caso di temi politici si tendeva a contenere le rivendicazioni di più ampia autonomia da parte dei colleghi italiani. A confronto con le difficili situazioni in cui si trovavano gli emigrati all’inizio degli anni sessanta, alcuni collaboratori italiani paragonavano la rivendicazione dei diritti all’interno della redazione con la lotta peri diritti della minoranza italiana in Germania. Questo contrastava con l’atteggiamento dello stato italiano che ignorava i problemi degli emigrati, e che secondo le testimonianze cercava, attraverso la propria rappresentanza italiana in Germania, di influenzare il contenuto delle trasmissioni.
Verso la fine degli anni settanta venne realizzata una riforma che consentì non solo l’emancipazione dalla rai, ma anche dai temi specificatamente legati all’emigrazione. Il nuovo indirizzo della redazione era «integrazione e normalizzazione» intesa (Sala cita a tal proposito il giornalista Brizzi) come un miglioramento del livello culturale e giornalistico della trasmissione. Il nuovo corso nasceva anche dalla necessità dei redattori italiani di ricollocarsi all’interno dell’ambiente giornalistico tedesco. La presa di distanza da una «Radio für Auswanderer» (radio per emigrati) avvenne in considerazione della presenza sempre più consistente di una seconda e una terza generazione, alla quale si doveva trasmettere la sensazione di parità con i coetanei tedeschi, anche attraverso la possibilità di partecipare a una moderna cultura di massa (italiana). Qui, come nota Sala, il concetto di comunità italiana rimane anche per i nuovi e giovani redattori di «Radio Colonia» un importante punto di riferimento per il loro lavoro, anche se adattato alla prospettiva di una permanenza a lungo termine.
Il tema identità e comunità è centrale nel lavoro di Sala e in un interessante e innovativo sottocapitolo (5.1.1) l’autore formula e analizza anche teoricamente il ruolo e la funzione della provenienza e dell’identità nazionale, il concetto di comunità italiana e indirettamente anche quello di appartenenza. In una presentazione delle diverse istituzioni italiane in Germania, nota, come la politicizzazione dell’emigrazione abbia promosso la loro attività e come le stesse abbiano contribuito a mantenere in Germania un concetto nazionale di Einwanderergemeinschaft (comunità di immigrati) riproducendo le discussioni e le dispute nazionali.
Sala critica l’uso della categoria italiani in Germania, perché si corre il rischio di confermare acriticamente il concetto di minoranza straniera (da parte tedesca) e di comunità italiana (da parte italiana). Il concetto che di primo acchito può sembrare neutrale, contiene una connotazione politica e sociale, per la quale la nazionalità viene intesa come la caratteristica e l’identità primaria dell’individuo. L’autore si interroga sul ruolo della provenienza nazionale comune nell’ambito del processo migratorio. La provenienza nazionale influenza persistentemente la vita dell’emigrato, continua l’autore, però non giustifica il presupposto dell’esistenza di una minoranza etnica monolitica. Sala parla in questo contesto di una nazionalizzazione all’estero: della formazione di reti sociali e di sentimenti di appartenenza su base nazionale, il cui sviluppo dipende da una serie di fattori (istituzioni, organizzazioni, percezione della società d’accoglienza). Il concetto di una comunità solidale nazionale così come quello di un’identità sempre nazionale sono colonne portanti di questo processo. I programmi in lingua straniera, sottolineando l’importanza della nazionalità degli immigrati, parteciparono al processo di Nationalisierung in der Fremde (nazionalizzazione all’estero). I media per i lavoratori migranti, constata Sala, ebbero un ruolo centrale nella diffusione dei «discorsi nazionali» ovvero del «discorso della nazione» fra gli immigrati. Nonostante questi programmi trattassero principalmente i problemi sociali degli immigrati, essi definivano il loro target-group sulla base della loro appartenenza nazionale tralasciando altre peculiarità come la provenienza sociale.
Il libro di Roberto Sala rappresenta un contributo fondamentale all’interno delle pubblicazioni che trattano il tema dell’immigrazione in Germania. L’autore compie un’operazione di «consolidamento» della memoria collettiva dei diversi attori (giornalisti, politici, redattori, ascoltatori) trasformandola in memoria culturale collettiva. Il volume ricorda alle nuove generazioni (per le quali il termine guerra fredda e la propaganda attraverso l’etere viene associata più facilmente a qualche film genere 007) come anche nella realtà migratoria la «grande politica» e il confronto fra i due blocchi abbia influenzato direttamente scelte che apparivano in primo luogo appartenenti alla politica d’immigrazione della Germania. Presentando i conflitti all’interno delle redazioni fra redattori tedeschi e collaboratori stranieri, Sala ci rende testimoni di come anche in un «sistema privilegiato» non venivano meno l’esercizio di una forma di paternalismo e le conseguenti rivendicazioni degli immigrati per ottenere un ruolo attivo e quindi passare dall’essere oggetti (annunciatori) al diventare soggetti (redattori). Per concludere, il testo svela alla cosiddetta generazione Internet e della nuova mobilità virtuale il sistema mediatico dominante fino a pochi anni fa, così come il pericolo di una sua «monopolizzazione».
Edith Pichler